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    L’interpello che non c’era (e non ci sarebbe dovuto essere)

    By Redazione BitMAT08/06/2022Updated:08/06/20224 Mins Read
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    Con la Risposta ad interpello n. 270, l’agenzia delle entrate estende l’obbligo della dicitura 4.0 anche ai DDT. Dopo l’articolo dell’ing. Ugo Gecchelin, prende posizione anche Sonia Pirotti – Commercialista e Membro della Commissione Antiriciclaggio presso ODCEC di Roma

    Lo scorso 18 maggio, con Risposta ad interpello n. 270 l’agenzia delle entrate ha affermato che la dicitura prevista dall’art. 1 comma 1062 della Legge n.178 del 2020 (Legge di bilancio 2021), – il quale dispone che «Ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058-ter» ed ex ante, dall’art. 195 della Legge di Bilancio per l’anno 2020 (Legge 27 dicembre 2019, n.160, – debba essere integrata sul d.d.t, ai fini dell’idoneità formale della documentazione afferente le agevolazioni previste per il riconoscimento del credito d’imposta sull’acquisto dei beni strumentali nuovi.

     

    Alla luce del parere vincolante per l’amministrazione finanziaria (limitatamente alla fattispecie prospettata dal contribuente istante) ci si chiede da addetti ai lavori, quanto sia da ritenersi “pacifico”, per ogni altro destinatario della normativa ed ancor più per l’interpellante (stante la potestà dell’Agenzia di esercitare l’azione di controllo e accertamento) posto che, dopo innumerevoli circolari e altrettanti interpelli a risposte vertenti sullo stesso tema, la prassi finanziaria non ne aveva dato menzione ad ormai 2 anni dalla vigenza dell’agevolazione in questione.

     

    Ad ogni modo, analizzando il testo letterale su esposto esso prescrive:

    <<A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi  all’acquisizione dei beni  agevolati  devono  contenere  l’espresso  riferimento  alle
    disposizioni …>>

     Ora, sappiamo anche che il D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 – Testo unico IVA, testualmente cita all’art 21 quanto prescritto sulla – Fatturazione delle operazioni:

    • al comma 2 elenca i requisiti che deve contenere;
    • al comma 4 lettera a) la fattispecie per cui è prevista la fatturazione differita, che appunto, prevede il suddetto documento di trasporto.

    Quindi, a parere di chi scrive, in astratto non si vuole negare l’aderenza del valore del d.d.t nella sua forza fiscale, ma farne come è, complemento integrante della tipologia di fattura a cui esso è subordinato e, piuttosto, rafforzarne il senso.

    Poiché, diversamente, la norma ammette la fattura accompagnatoria che in sé, racchiude l’interezza di detta valenza.

    Ciò stante, la precisazione che il legislatore ha voluto nel testo normativo, richiamando esclusivamente la fattura quale destinataria della dicitura per il riconoscimento delle agevolazioni in esame (è perché, evidentemente, dovesse in sé attrarre la normativa fiscale che impone modalità e requisiti essenziali della sua validità senza ridondanti richiami), ed implicitamente esaurendo in essa, la prescrizione per cui sia l’unico documento fiscale sul quale apporla.

     

    D’altro canto, se invece si volesse sostenere che il d.d.t, vada a ricadere nel più generico termine di altra documentazione della citata dicitura, lo si priverebbe dell’aderenza fiscale che invece possiede.

    Pertanto, quanto asserito nella risposta dell’agenzia delle entrate, anche riguardo all’ulteriore parere sull’apposizione della dicitura in questione, nel verbale di collaudo o interconnessione, non parrebbe coerente alle indicazioni del testo normativo, ritenendo questi secondo l’amministrazione finanziaria, semmai esclusi.

     

    In sostanza, se sulla fattura non può esserci dubbio alcuno che è l’incipit di riferimento fiscale su cui incombe in via esclusiva per il legislatore apporre la dicitura prevista, – poiché si ribadisce che essa è valida solo ove risponda ai prescritti requisiti  per ogni fattispecie prevista, – non è necessariamente e altrettanto vero per ogni altro documento (non esplicitamente richiamato dal legislatore) che compone l’idonea prova documentale.

    Fermo restando che, come il concetto della semplificazione dovrebbe volere  e qui, pienamente condiviso con l’indirizzo dell’amministrazione finanziaria circa il «verbale di collaudo o di interconnessione»: riguardando univocamente i beni oggetto dell’investimento (cui si riferiscono i documenti summenzionati) essendo tali documenti, per le caratteristiche che li contraddistinguono, non attribuibili a beni diversi da quelli cui il relativo contenuto fa riferimento, non si estenda sugli stessi l’obbligo di riportare l’espresso riferimento di cui al citato comma 1062; con ciò, davvero recependo, estendendo ed amplificando il concetto della  semplificazione.

     

    Infine, senza nulla togliere al valore e all’importanza di una corretta e puntuale fascicolazione, che ognuno può, oltre alle prescrizioni di legge, voler implementare, resta sempre valida l’ultima affermazione della citata Risposta n. 270/2022 ovvero:  la regolarizzazione dei documenti già emessi, come chiarito nella risposta n. 438 del 2020, dovrà essere operata  dall’impresa beneficiaria entro la data in cui sono state avviate eventuali attività di controllo

    Commercialista Sonia Pirotti – Odcec Roma -studiopirotti.commercialista@gmail.com

     

    Per approfondire l’argomento:

    Investimenti 4.0: dicitura obbligatoria in fattura e sul DDT 

    a firma di ing. Ugo Gecchelin  –  CEO Team 4.0 s.r.l.

    • Risposta_270_18.05.2022 DDT ad interpello Agenzia delle Entrate
    agenzia delle entrate Interpello 270 Sonia Pirotti
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