CIRCOLARE N. 9/E
Roma, 23 luglio 2021
OGGETTO:
Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi – Articolo 1, commi da 1051 a 1063, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) – Risposte a quesiti
Direzione Centrale Coordinamento Normativo
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INDICE
PREMESSA ……………………………………………………………………………………………….. 3
1. SOGGETTI INTERESSATI ……………………………………………………………………. 7
2. INVESTIMENTI …………………………………………………………………………………… 13
3. AMBITO TEMPORALE ……………………………………………………………………….. 15
4. DETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE …………………………………… 17
5. UTILIZZO ……………………………………………………………………………………………. 24
6. CUMULO CON ALTRE AGEVOLAZIONI ………………………………………….. 44
7. RIDETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE ………………………………. 46
8. DOCUMENTAZIONE …………………………………………………………………………… 50
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PREMESSA
L’articolo 1, commi da 1051 a 1063, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), ha riformulato la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi materiali e immateriali destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato.
La menzionata disciplina, applicabile agli investimenti effettuati a partire dal 16 novembre 2020, si pone in linea di continuità con il precedente intervento operato dall’articolo 1, commi da 184 a 197, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), nell’ambito della ridefinizione della disciplina degli incentivi fiscali previsti dal “Piano nazionale Impresa 4.0”.
La novità più importante recata dalla citata legge n. 160 del 2019 in materia di agevolazioni per gli investimenti in beni strumentali ha riguardato la “trasformazione” del beneficio, accordato dalle precedenti normative in forma di maggiorazione del costo rilevante agli effetti delle quote di ammortamento deducibili dal reddito d’impresa (o di lavoro autonomo), in forma di credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione e senza limiti di fruizione1.
Le ulteriori e principali innovazioni introdotte dalla legge n. 160 del 2019, rispetto ai precedenti regimi agevolativi, noti come “super ammortamento” e “iper ammortamento”, hanno riguardato:
– sotto il profilo soggettivo, l’esclusione delle imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o sottoposte ad altra procedura concorsuale di cui alla legge fallimentare o al codice della crisi di impresa o
1 Per espressa previsione contenuta nell’articolo 1, comma 191, della legge n. 160 del 2019, non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (raggiungimento del plafond annuale di 250.000 euro previsto per i crediti di imposta agevolativi), all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (soglia massima per le compensazioni orizzontali effettuabili in ciascun anno solare) e all’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (divieto di compensazione in presenza di debiti iscritti a ruolo per imposte erariali per un ammontare superiore a 1.500 euro).
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ad altre leggi speciali (anche ove sia ancora in corso un procedimento per la dichiarazione di una delle suddette situazioni), nonché delle imprese destinatarie di sanzioni interdittive, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (comma 186);
– sotto il profilo oggettivo, l’esclusione dei beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti (comma 187);
– la rideterminazione delle soglie massime di investimenti agevolabili (commi 188, 189 e 190);
– l’esclusione del vincolo di subordinazione dell’investimento in un bene incluso nell’allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 (di seguito, per brevità, anche “bene immateriale 4.0”) all’acquisizione di un bene strumentale indicato nell’allegato A annesso alla legge n. 232 del 2016 (di seguito, per brevità, anche “bene materiale 4.0”)2;
– le condizioni di fruizione del credito d’imposta spettante, subordinata al rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori (comma 186, ultimo capoverso);
– la riformulazione delle disposizioni relative al recapture del beneficio in caso di disinvestimento dei beni agevolati (comma 193);
2 Nella previgente disciplina dell’iper ammortamento, l’articolo 1, comma 10, della legge n. 232 del 2016 imponeva, come condizione necessaria alla spettanza dell’agevolazione, che l’impresa avesse contestualmente beneficiato dell’iper ammortamento su un bene materiale, non dovendo tuttavia il bene immateriale risultare necessario all’interconnessione del bene materiale iper ammortizzato (cfr. circolare n. 4/E del 30 marzo 2017, par. 6.2).
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– gli oneri documentali previsti in capo ai soggetti beneficiari, quali la richiesta di indicazione nelle fatture e negli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati del riferimento alla normativa agevolativa, la richiesta di una perizia semplice (in luogo della perizia giurata) per gli investimenti in beni di cui ai richiamati allegati A e B annessi alla legge n. 232 del 2016, nonché, relativamente a tali investimenti, l’invio di una comunicazione al Ministero dello Sviluppo economico funzionale all’acquisizione delle informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative (comma 191).
Nell’ottica di un rafforzamento dell’agevolazione agli investimenti in beni strumentali, a sua volta, la legge di bilancio 2021 ha apportato ulteriori novità all’impianto dettato dalla citata legge n. 160 del 2019.
In particolare, le novità più importanti hanno riguardato: l’ampliamento dell’ambito oggettivo dell’agevolazione ai beni immateriali diversi da quelli di cui al citato allegato B (di seguito, per brevità, anche “beni immateriali non 4.0”); la maggiorazione della misura del credito d’imposta applicabile in funzione della tipologia degli investimenti e del periodo di effettuazione; l’aumento del limite massimo di investimenti ammissibili; le regole per la compensazione del credito d’imposta con la finalità di accelerarne la fruizione; la richiesta della perizia asseverata – e non più semplice – per i beni dell’allegato A e dell’allegato B.
Recentemente il legislatore, con il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. decreto Sostegni-bis), è nuovamente intervenuto sullo strumento agevolativo apportando talune modifiche concernenti l’utilizzo del credito d’imposta. In particolare, l’articolo 20 del decreto Sostegni-bis ha introdotto, nell’articolo 1 della legge di bilancio 2021, il comma 1059-bis con cui si prevede che – alla stregua di quanto già disposto dal comma 1059 per soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro – il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali materiali non 4.0, effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e
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fino al 31 dicembre 2021, è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale anche dai soggetti con un volume di ricavi o compensi non inferiori a 5 milioni di euro.
Di seguito, si ritiene opportuno riepilogare schematicamente l’attuale disciplina agevolativa. Investimenti Dal 16.11.2020 al 31.12.2021/30.6.2022 con ordine e acconto almeno pari al 20% entro il 31.12.2021 Dall’1.1.2022 al 31.12.2022/30.6.2023 con ordine e acconto almeno pari al 20% entro il 31.12.2022 Beneficiari Utilizzo Adempimenti Beni materiali non 4.0 10% per investimenti fino a 2 milioni € (15% per investimenti propedeutici al lavoro agile) comma 1054 6% per investimenti fino a 2 milioni € comma 1055 Imprese Esercenti arti e professioni Tre quote annuali di pari importo a partire dall’anno di entrata in funzione Unica quota annuale (commi 1059 e 1059-bis) per investimenti comma 1054 Indicazione norma in fatture e in altri documenti relativi all’acquisizione dei beni Beni immateriali non 4.0 10% per investimenti fino a 1 milione € (15% per investimenti propedeutici al lavoro agile) comma 1054 6% per investimenti fino a 1 milione € comma 1055 Tre quote annuali di pari importo a decorrere dall’anno di entrata in funzione Unica quota annuale se ricavi o compensi < 5 milioni € per investimenti comma 1054 Beni materiali 4.0 (Allegato A, legge n. 232 del 2016) – 50% per investimenti fino a 2,5 milioni € – 30% per investimenti tra 2,5 e 10 milioni € – 10% per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni € comma 1056 – 40% per investimenti fino a 2,5 milioni € – 20% per investimenti tra 2,5 e 10 milioni € – 10% per investimenti compresi tra 10 e 20 milioni € comma 1057 Imprese Tre quote annuali di pari importo a partire dall’anno dell’interconnessione Indicazione norma in fatture e in altri documenti relativi all’acquisizione dei beni Perizia asseverata o attestato di conformità (o dichiarazione del legale rappresentante se costo < 300.000 €) Comunicazione Mi.S.E. Beni immateriali 4.0 (Allegato B, legge n. 232 del 2016) 20% per investimenti fino a 1 milione € comma 1058
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Tanto premesso, considerate le numerose analogie – sia in termini di ratio dell’agevolazione sia per quanto concerne i requisiti soggettivi e oggettivi nonché gli aspetti tecnici e procedurali – tra la disciplina del super e dell’iper ammortamento e la disciplina del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, si rinvia ai chiarimenti forniti nella circolare n. 4/E del 30 marzo 2017, redatta congiuntamente dall’Agenzia delle entrate e dal Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito anche “Mi.S.E.”), riferita alla precedente disciplina del super e dell’iper ammortamento, ma i cui criteri generali, per quanto compatibile con l’evoluzione del complessivo quadro giuridico di riferimento, devono considerarsi valevoli anche agli effetti del credito d’imposta.
Con la presente circolare – sentito anche il Mi.S.E. – si forniscono, sotto forma di risposte a quesiti, indicazioni relative alle modalità di applicazione del credito d’imposta disciplinato dalla legge di bilancio 2021, raggruppate in funzione delle tematiche trattate, anche al fine di chiarire i più ricorrenti dubbi interpretativi.
I riferimenti normativi, per semplicità espositiva, sono effettuati direttamente ai commi della legge di bilancio 2021.
1. SOGGETTI INTERESSATI
1.1 Reti di imprese
Domanda
Si chiede se le reti di imprese possano beneficiare del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi.
Risposta
L’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione è individuato dai commi 1051 e 1061 della legge di bilancio 2021.
Ai sensi del comma 1051, il credito di imposta in esame è attribuito «a tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore
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economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa, che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato».
Sotto il profilo soggettivo, dunque, il credito di imposta è riservato alle imprese residenti nel territorio dello Stato – incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti – che, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, dalle dimensioni aziendali e dal regime contabile adottato, effettuano investimenti alle condizioni stabilite dai commi 1054, 1055, 1056, 1057 e 1058, in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili.
Sono ricompresi nel novero delle imprese beneficiarie gli enti non commerciali, con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata, le imprese agricole che determinano il reddito agrario ai sensi dell’articolo 32 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché le reti di imprese.
Al riguardo, si ricorda che le “reti-soggetto”, ai fini delle imposte sui redditi, figurano tra gli enti commerciali oppure tra quelli non commerciali, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), del Tuir, a seconda che svolgano o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.
Con riferimento invece alla categoria della “rete-contratto”, si ricorda che, come precisato con la circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011, l’adesione al contratto di rete non comporta l’attribuzione di soggettività tributaria alla rete risultante dal contratto stesso, per cui gli atti posti in essere in esecuzione del programma di rete producono i loro effetti direttamente nelle sfere giuridico-soggettive dei partecipanti alla rete.
Si collocano, altresì, nell’ambito della categoria delle imprese beneficiarie le STP3 titolari di reddito d’impresa, con la conseguenza che, al pari di tali soggetti,
3 Le STP sono disciplinate dall’articolo 10, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e dal successivo decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34. Si precisa che la “società tra avvocati” costituita ai sensi
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possono avvalersi sia del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali 4.0 (commi 1056, 1057 e 1058 della legge di bilancio 2021), sia del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali “ordinari” (commi 1054 e 1055 della legge di bilancio 2021).
Sempre in merito all’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione, per espressa previsione del comma 1061 della legge di bilancio 2021, sono ammessi a beneficiare del credito d’imposta gli “esercenti arti e professioni” che effettuano, ai sensi dei commi 1054 e 1055, investimenti in beni strumentali materiali e immateriali non 4.0, cioè in beni “ordinari” diversi da quelli materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0” (inclusi, rispettivamente, negli allegati A e B annessi alla legge n. 232 del 2016).
Con riferimento agli esercenti arti e professioni, si evidenzia che la disposizione in argomento si applica ai contribuenti che esercitano le attività di lavoro autonomo, anche se svolte in forma associata, ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del Tuir.
Rientrano, quindi, nella categoria dei soggetti esercenti arti e professioni anche le associazioni tra professionisti di cui all’articolo 5, comma 3, lett. c), del Tuir.
Si precisa, infine, che i commi 1051 e 1061 citati non pongono alcuna condizione riguardante la data di inizio dell’attività e, pertanto, rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione del beneficio anche i soggetti che intraprendono l’attività a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della disciplina in esame (i.e., 16 novembre 2020).
dell’articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, realizza reddito di lavoro autonomo, in quanto tale modello societario non è riconducibile a quelli delle società commerciali di persone e di capitali disciplinate dal codice civile (cfr. risoluzione n. 118/E del 28 maggio 2003).
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1.2 Imprese destinatarie di sanzioni interdittive
Domanda
Si chiede di conoscere quale sia la corretta interpretazione del comma 1052 della legge di bilancio 2021 in merito all’esclusione delle imprese destinatarie di sanzioni interdittive dall’accesso al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi.
Risposta
Al riguardo, va preliminarmente ricordato che, sotto il profilo soggettivo, il primo periodo del comma 1052 della legge di bilancio 2021 (analogamente a quanto previsto dal comma 186 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019) stabilisce taluni requisiti in presenza dei quali non è consentito avvalersi dell’agevolazione. In particolare, sono escluse le imprese che, ancorché rientranti tra i soggetti potenzialmente beneficiari del credito d’imposta:
– si trovino in stato di crisi e più precisamente in liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o altra procedura concorsuale prevista dalla legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) o da altre leggi speciali;
– abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una delle situazioni di cui al punto che precede;
– siano destinatarie di sanzioni interdittive, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”)4.
4 Come noto, il decreto legislativo n. 231 del 2001 disciplina la responsabilità amministrativa degli enti in caso di commissione di reati da parte delle proprie figure apicali o di dipendenti/collaboratori senza che siano state adottate misure di vigilanza e di controllo. Tra le sanzioni applicabili per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, l’articolo 9, al comma 2, prevede le seguenti tipologie di sanzioni interdittive: a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica
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In merito a quest’ultima ipotesi, si osserva che l’applicazione delle sanzioni interdittive indicate dall’articolo 9, comma 2, del d.lgs. n. 231 del 2001, comporta una limitazione temporanea nell’esercizio di un diritto o di una facoltà da parte del soggetto destinatario della sanzione e che l’articolo 13, comma 2, del richiamato decreto legislativo stabilisce un limite minimo e un limite massimo alla durata della predetta limitazione5
Con riferimento al quesito formulato, considerato il tenore letterale del comma 1052 e avuto riguardo sia alla disciplina agevolativa nel suo complesso sia alla disciplina recata dal d.lgs. n. 231 del 2001, si ritiene, per motivi di ordine logico-sistematico, che l’esclusione soggettiva dal credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi prevista dal comma 1052 della legge di bilancio 2021 – e, precedentemente, dall’articolo 1, comma 186, della legge di bilancio 2020 – debba riguardare il medesimo arco temporale interessato dall’applicazione della relativa sanzione interdittiva6.
Pertanto, gli investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nell’arco temporale in questione saranno irrilevanti agli effetti della disciplina agevolativa e, di conseguenza, i relativi costi saranno esclusi dalla base di calcolo del credito d’imposta in questione.
Ad esempio, un “periodo di interdizione” di 6 mesi che va dal 1° marzo 2021 al 1° settembre 2021 comporterà l’impossibilità, per l’impresa destinataria della sanzione interdittiva, di fruire del credito d’imposta relativamente ai costi degli
amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
5 L’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 231 del 2001 dispone che «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni».
6 In tal senso si è anche espresso il Governo, il 14 aprile 2021, in occasione della risposta a un’interrogazione parlamentare (n. 5-05261) sull’argomento in questione.
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investimenti effettuati nel medesimo periodo temporale (1° marzo 2021 – 1° settembre 2021).
Si ricorda, al riguardo, che ai fini della determinazione del momento di effettuazione degli investimenti si deve far riferimento alle regole generali della competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del Tuir.
1.3 Contemporaneo esercizio di attività professionale e d’impresa
Domanda
Si chiede di conoscere se un soggetto che esercita come attività principale quella professionale e al contempo come attività secondaria quella di impresa possa beneficiare del credito d’imposta per investimenti in beni materiali e immateriali 4.0 di cui ai commi 1056 e 1058 della legge di bilancio 2021.
Risposta
Al riguardo, si rileva che, in linea generale, i soggetti esercenti attività di impresa possono beneficiare sia del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali “ordinari” (i.e., beni materiali e immateriali diversi da quelli 4.0. indicati negli allegati A e B annessi alla legge n. 232 del 2016) alle condizioni e nelle misure stabilite dai commi 1054 e 1055, sia del credito d’imposta per investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0” (inclusi, rispettivamente, negli allegati A e B annessi alla legge n. 232 del 2016), alle condizioni e nelle misure stabilite nei commi 1056, 1057 e 1058, mentre gli esercenti arti e professioni possono accedere soltanto al credito d’imposta per investimenti in beni materiali e immateriali “non 4.0”.
Ciò posto, con riferimento alla fattispecie oggetto del quesito, non si ravvisano, in linea di principio, preclusioni alla maturazione in capo al medesimo contribuente del credito d’imposta in relazione agli investimenti effettuati nell’ambito dell’attività imprenditoriale e di quella di lavoro autonomo derivante
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dall’esercizio di arti e professioni, attesa l’assenza di esplicite indicazioni di segno contrario nella disciplina agevolativa.
Sarà cura del soggetto beneficiario, ai fini dei successivi controlli, provvedere, sul piano contabile e documentale, a separare correttamente le spese ammissibili considerate rilevanti per il calcolo del credito d’imposta.
2. INVESTIMENTI
2.1 Investimenti realizzati mediante contratti di leasing
Domanda
Il comma 1054 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2021, per gli investimenti in “beni materiali e immateriali non 4.0”, richiama espressamente i contratti di locazione finanziaria quale modalità di effettuazione dell’investimento, mentre tale riferimento non compare nei successivi commi da 1055 a 1058 dello stesso articolo. Si chiede di confermare che il mancato richiamo ai contratti di leasing nei successivi commi non rappresenti una esclusione degli stessi dal novero delle modalità di acquisizione dei beni che danno diritto al credito d’imposta.
Risposta
Avuto riguardo alle discipline agevolative analoghe a quella in esame, si evidenzia come la rilevanza delle operazioni di locazione finanziaria sia riconosciuta sulla base di un principio di “sostanziale” equivalenza tra l’acquisto e l’acquisizione del bene stesso tramite contratto di leasing (cfr. risoluzione n. 4/E del 7 gennaio 2009).
Tale criterio è finalizzato ad assicurare nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà o in leasing.
Ciò considerato, si è dell’avviso che il mancato riferimento ai contratti di locazione finanziaria nei commi 1055, 1056, 1057 e 1058 della legge di bilancio 2021, ai fini della individuazione degli investimenti agevolabili, sia da imputare a un
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mero difetto di coordinamento formale e non alla volontà del legislatore di circoscrivere le modalità di effettuazione degli investimenti agevolabili alla sola acquisizione in proprietà dei beni.
2.2 Beni dal costo unitario non superiore a 516,46 euro
Domanda
Si chiede conferma dell’ammissibilità al credito d’imposta dei beni di costo unitario inferiore a 516,46 euro.
Risposta
In via preliminare, va detto che la disciplina in esame non richiede l’effettuazione di un ammontare minimo di investimenti al fine di poter accedere al credito di imposta, fermo restando che deve trattarsi pur sempre di investimenti in beni connotati dal requisito della “strumentalità” rispetto all’attività esercitata dai soggetti interessati a beneficiare dell’agevolazione.
Pur in assenza di un esplicito rimando, la disciplina agevolativa fa, pertanto, sostanziale riferimento ai beni strumentali materiali ammortizzabili di cui agli articoli 102 e 102-bis del Tuir, nonché ai beni strumentali immateriali ammortizzabili di cui all’articolo 103 del Tuir.
Al riguardo, si rileva che tra i beni materiali ammortizzabili di cui all’articolo 102 del Tuir figurano, al comma 5, i beni il cui costo unitario è non superiore a 516,46 euro, per i quali la norma citata consente «la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute». La medesima possibilità di dedurre in misura integrale la spesa sostenuta per i beni materiali strumentali di costo non superiore a 516,46 euro è attribuita agli esercenti arti e professioni dall’articolo 54, comma 2, del Tuir.
Ciò rilevato, si conferma che, ai fini agevolativi, i beni materiali strumentali di costo unitario inferiore a 516,46 euro sono ammissibili al credito d’imposta e, quindi, concorrono alla sua determinazione, indipendentemente dalla circostanza
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che, in sede contabile e fiscale, il contribuente scelga di dedurre o di non dedurre l’intero costo del bene nell’esercizio di sostenimento (procedendo, in tale ultimo caso, all’ammortamento dello stesso).
Al riguardo, è il caso di precisare che anche per detti beni il meccanismo di fruizione del corrispondente credito d’imposta resta disciplinato dai commi 1059 e 1059-bis (i.e., utilizzo in tre quote annuali di pari importo o in un’unica quota a seconda dei casi, cfr. infra risposta al quesito 5.3).
3. AMBITO TEMPORALE
3.1 Sovrapposizione di discipline agevolative
Domanda
Si chiede di conoscere quale sia il corretto comportamento da adottare nel caso in cui l’effettuazione degli investimenti eleggibili ricada nell’arco temporale in cui il credito d’imposta introdotto dalla legge di bilancio 2021 coesiste con l’analogo credito d’imposta introdotto dalla legge di bilancio 2020.
Risposta
In base al comma 1051 della legge di bilancio 2021, il credito d’imposta spetta per gli investimenti effettuati nell’intervallo temporale che va dal 16 novembre 2020 al 31 dicembre 2022 (o al 30 giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione).
Nel caso in cui gli investimenti eleggibili al credito d’imposta siano effettuati nell’intervallo temporale che va dal 16 novembre 2020 al 30 giugno 2021, viene a verificarsi una parziale sovrapponibilità della nuova disciplina con quella prevista dall’articolo 1, commi da 184 a 197, della legge di bilancio 2020 in relazione agli investimenti aventi ad oggetto i beni materiali non 4.0, nonché ai beni ricompresi
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nell’allegato A e B annessi alla legge n. 232 del 20167, effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, ovvero entro il 30 giugno 2021 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2020 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione (cfr. comma 185 della legge di bilancio 2020).
Al riguardo, si ritiene che il coordinamento delle due discipline agevolative sul piano temporale debba avvenire distinguendo il caso degli investimenti per i quali alla data del 15 novembre 2020, vale a dire anteriormente alla decorrenza della nuova disciplina, si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20 per cento (c.d. “prenotazione”), dal caso degli investimenti per i quali alla suddetta data non risultino verificate tali condizioni. Nel primo caso, si ritiene che gli investimenti, sempre se effettuati (vale a dire completati) entro il 30 giugno 2021, restino incardinati nella precedente disciplina di cui alla legge di bilancio 2020. Nel secondo caso si rende applicabile la nuova disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2021.
Tale interpretazione trova fondamento nella volontà del legislatore di anticipare gli effetti del nuovo regime agevolativo, senza attendere la naturale scadenza dell’ordinario termine del precedente regime (i.e., 31 dicembre 2020).
Il motivo di tale scelta risiede nella necessità di scongiurare un rallentamento degli investimenti “nuovi” (per tali intendendosi quelli intrapresi dal 16 novembre 2020) a causa del c.d. “effetto annuncio”, che – a seguito dell’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del disegno di legge di bilancio per l’anno 2021, avvenuta proprio il 16 novembre 2020 – avrebbe spinto i soggetti interessati ad
7 Il comma 196 della legge di bilancio 2020, al fine di evitare la sovrapposizione del credito d’imposta con la disciplina del c.d. super ammortamento e del c.d. iper ammortamento, ha chiarito il regime transitorio applicabile ad alcuni investimenti in beni strumentali, stabilendo che il credito d’imposta non si applica agli investimenti effettuati nel 2020 in relazione ai quali, entro la data del 31 dicembre 2019, il relativo ordine sia stato accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
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aspettare il 1° gennaio 2021 per poter beneficiare direttamente di un regime (in linea generale) più vantaggioso.
4. DETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE
4.1 Reti di imprese
Domanda
Si chiede come determinano il credito d’imposta le reti di imprese.
Risposta
Prima di esplicitare come opera l’agevolazione nei confronti di tali soggetti, va ricordato che, come chiarito nella risposta al precedente quesito 1.1, le reti di imprese sono ricomprese nel novero dei soggetti beneficiari dell’agevolazione, distinguendo tra le “reti-contratto” e le “reti-soggetto” e ricordando che le “reti-soggetto”, ai fini delle imposte sui redditi, figurano tra gli enti commerciali oppure tra quelli non commerciali, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), del Tuir, a seconda che svolgano o meno attività commerciale in via principale o esclusiva.
Nell’ipotesi in cui gli investimenti in beni strumentali nuovi siano effettuati da imprese che aderiscono a un “contratto di rete”, ai fini dell’applicazione del meccanismo agevolativo, occorre distinguere, come rappresentato nella risposta al quesito 1.1, se si tratta di “rete-contratto” o di “rete-soggetto”.
Nel caso di adozione del modello contrattuale “puro”, in cui la rete di imprese si configuri come “rete-contratto”, vale a dire sia priva di autonoma soggettività giuridica (e conseguentemente di autonoma soggettività tributaria), gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti in capo alle imprese partecipanti.
Nella rete-contratto la titolarità di beni, diritti, obblighi ed atti è riferibile, quota parte, alle singole imprese partecipanti; in generale, la titolarità delle situazioni giuridiche rimane in capo ai singoli partecipanti, sebbene l’organo
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comune possa esercitare una rappresentanza unitaria nei confronti dei terzi (cfr. circolari n. 4/E del 2011 e n. 20/E del 18 giugno 2013).
Ciò posto, con riferimento agli investimenti in beni strumentali nuovi effettuati nell’ambito di una “rete-contratto”, possono verificarsi due ipotesi:
1) l’investimento viene effettuato dall’organo comune che agisce in veste di mandatario con rappresentanza: in tal caso, l’acquisto produce la diretta imputazione dell’operazione ai singoli partecipanti, traducendosi nell’obbligo del fornitore di fatturare a questi ultimi, per la parte di prezzo ad essi imputabile, l’operazione passiva posta in essere dall’organo comune;
2) l’investimento viene effettuato dalla singola impresa o dall’impresa “capofila” che opera senza rappresentanza: in tal caso, l’acquisto non comporta alcun effetto diretto sulla sfera giuridica delle altre imprese partecipanti al contratto e la singola impresa o l’eventuale “capofila” dovrà “ribaltare” il costo ai partecipanti per conto dei quali ha agito, emettendo fattura per la quota parte del prezzo riferibile alle altre imprese.
Pertanto, in relazione ai costi concernenti investimenti in beni strumentali nuovi, fatturati o “ribaltati” alle singole imprese retiste, sono queste ultime che hanno diritto al credito d’imposta sulla quota parte del costo di propria competenza.
In altri termini, il credito di imposta verrà applicato in modo autonomo da ciascuna delle imprese aderenti alla rete:
– in relazione alla quota di costi di competenza del periodo d’imposta alle stesse direttamente imputati, laddove gli investimenti, effettuati in esecuzione del programma comune di rete, siano stati posti in essere da parte del soggetto designato a svolgere l’ufficio di organo comune (che agisce in veste di mandatario con rappresentanza delle imprese aderenti);
– in relazione alla quota di costi a queste “ribaltati”, laddove gli investimenti siano stati posti in essere da un’impresa della rete o dall’impresa “capofila” (che operano senza rappresentanza).
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In entrambe le ipotesi, ai fini della verifica del raggiungimento dell’importo massimo di investimenti ammissibili, gli investimenti effettuati in esecuzione del programma comune sono cumulati con gli eventuali ulteriori investimenti effettuati direttamente dalle singole imprese aderenti alla rete.
Considerato che la verifica del rispetto del tetto massimo di investimenti ammissibili va fatta in capo a ogni impresa retista, è il caso di precisare che non rileva la circostanza che l’importo degli investimenti fatturati o “addebitati” all’organo comune ecceda la soglia massima normativamente fissata.
Nel caso in cui, invece, la rete di imprese dotata di fondo patrimoniale comune si configuri come “rete-soggetto”, ossia, mediante l’iscrizione del contratto di rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese, acquisisca un’autonoma soggettività (rilevante anche dal punto di vista tributario), gli atti posti in essere in esecuzione del programma comune di rete producono i loro effetti direttamente in capo alla “rete-soggetto”.
In proposito, la circolare n. 20/E del 18 giugno 2013 ha precisato che le imprese che costituiscono una “rete-soggetto” non si impegnano a realizzare “direttamente” gli investimenti previsti dal programma comune, mediante la destinazione – “ideale” – al fondo patrimoniale di una quota di utili, ma, sottoscrivendo il contratto, si impegnano ad effettuare dei conferimenti in un soggetto “distinto” cui compete l’effettiva realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete.
Tale soggetto “distinto”, che diventa un autonomo soggetto passivo di imposta (con tutti i conseguenti obblighi tributari previsti ex lege in materia di imposte dirette ed indirette), ai fini fiscali, rientra, come ricordato anche nella risposta al quesito n. 1.1, tra gli enti commerciali o non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettere b) e c), del Tuir (a seconda che svolga o meno attività commerciale in via principale o esclusiva).
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Alla luce di quanto precede e coerentemente con la diversa configurazione che nella “rete-soggetto” assumono i rapporti tra le imprese partecipanti e la “rete”, ne deriva che, nel caso in cui il programma di rete preveda l’esecuzione di investimenti in beni strumentali nuovi, l’effettuazione degli stessi è imputabile alla “rete-soggetto”, la quale, risultando essere un’“impresa” è, pertanto, il soggetto destinatario dell’agevolazione.
La “rete-soggetto”, quindi, applicherà in modo autonomo il meccanismo di calcolo del credito di imposta avendo riguardo ai costi relativi agli investimenti ammissibili effettuati in esecuzione del programma comune di rete, di competenza del periodo di imposta in cui intende avvalersi dell’agevolazione, ferma restando, in capo alla stessa, la sussistenza di tutte le condizioni poste dalla disciplina agevolativa, tra cui la verifica relativa al raggiungimento della soglia massima degli investimenti ammissibili.
4.2 Rilevanza dell’IVA
Domanda
Si chiede se il costo da assumere come base di calcolo per la determinazione del credito d’imposta sia comprensivo dell’IVA indetraibile, in tutto o in parte.
Risposta
Posto che il comma 1054 della legge di bilancio 2021 stabilisce che il costo dei beni agevolabili è determinato ai sensi dell’articolo 110, comma 1, lett. b), del Tuir, e che, per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni, si precisa che costituisce una componente del costo l’eventuale IVA, relativa alle singole operazioni di acquisto, totalmente indetraibile ai sensi dell’articolo 19-bis 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero per effetto dell’opzione prevista dall’articolo 36-bis del medesimo DPR n. 633 del 1972.
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Non rileva, invece, ai fini della determinazione del valore degli investimenti, l’IVA parzialmente indetraibile in misura corrispondente al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione ed operazioni esenti ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del DPR n. 633 del 1972.
In quest’ultima ipotesi l’IVA parzialmente indetraibile per effetto del pro-rata, non può essere considerata come costo afferente le singole operazioni d’acquisto, ma è una massa globale che si qualifica come costo generale.
Quanto agli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, nel caso in cui per l’utilizzatore l’IVA sui canoni di locazione sia indetraibile ai sensi dell’articolo 19-bis 1 del DPR n. 633 del 1972, ai fini dell’agevolazione assume rilievo anche l’IVA pagata dal locatore sull’acquisto del bene.
4.3 Contributi per l’acquisizione dei beni agevolati
Domanda
Nell’ipotesi in cui si sia beneficiato di contributi finalizzati all’acquisizione di beni agevolati, si chiede di sapere se, ai fini della determinazione del credito d’imposta, il costo debba essere assunto al netto o al lordo di detti contributi.
Risposta
Per quanto riguarda la determinazione del costo del bene agevolabile, si fa presente che, con riferimento alle precedenti misure del super e dell’iper ammortamento, la circolare n. 4/E del 2017 ha precisato che esso è assunto al lordo di eventuali contributi in conto impianti, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione dei medesimi.
Ciò posto, attesa la sostanziale analogia del credito di imposta in argomento e della disciplina del super e dell’iper ammortamento a prescindere dalla forma in cui viene riconosciuto l’incentivo per gli investimenti in beni strumentali, si ritiene che non vi sia motivo di discostarsi da tale interpretazione e, pertanto, i chiarimenti resi
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con la circolare n. 4/E del 2017 devono ritenersi validi anche con riferimento all’ipotesi rappresentata.
Resta fermo quanto precisato nel successivo quesito 6.1 in tema di cumulo con altre agevolazioni.
4.4 Beni in leasing riscattati
Domanda
Il comma 1054 della legge di bilancio 2021 prevede che per i beni in leasing il credito d’imposta è calcolato assumendo il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.
Con riferimento alla precedente disciplina agevolativa del super ammortamento, la circolare n. 4/E del 2017 ha chiarito che, in caso di bene acquisito in locazione finanziaria, la maggiorazione spetta per le quote capitale dei canoni di leasing. Al momento del riscatto, poi, il locatario poteva iniziare a dedurre le quote di ammortamento del bene sull’importo del prezzo di riscatto e le quote della relativa maggiorazione (pari al 40 per cento del prezzo di riscatto) secondo i criteri esposti nella circolare citata.
Ciò premesso, si chiede di sapere se, alla luce delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2021, sia corretto mantenere tale impostazione ai fini della determinazione del credito d’imposta.
Esemplificando, si chiede se sia corretto calcolare l’ammontare del credito d’imposta nella maniera seguente: 1) all’atto dell’acquisizione del bene in leasing, applicando al costo sostenuto dal locatore per l’acquisto del bene l’aliquota percentuale prevista a seconda della tipologia di investimento e dell’ambito temporale in cui lo stesso è effettuato; 2) all’atto dell’esercizio dell’opzione per il riscatto del bene (quindi all’acquisizione del bene in proprietà), applicando la medesima aliquota percentuale al prezzo di riscatto.
Risposta
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Preliminarmente, occorre considerare che, come evidenziato in premessa, l’agevolazione prevista dalla legge di bilancio 2021 per gli investimenti in beni strumentali nuovi è attribuita nella forma del credito d’imposta e, in quanto tale, è parametrata tout court al costo di acquisizione del bene eleggibile.
Considerata quindi la diversa modalità di determinazione dell’agevolazione, si ritiene che non sia possibile mutuare automaticamente i meccanismi applicativi di una specifica disciplina all’altra.
In particolare, con riferimento agli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria, il comma 1054 della legge di bilancio 2021 stabilisce che per la determinazione del relativo credito d’imposta «si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni».
In tale ipotesi non rileva, come accadeva nell’agevolazione fruita sotto forma di maggiorazione, il costo sostenuto dal locatario, rappresentato dalla somma delle quote capitale dei canoni di leasing e dal prezzo di riscatto.
Il parametro di commisurazione del credito d’imposta spettante al locatario è rappresentato dal “costo per l’acquisto del bene” sostenuto dal locatore.
Il riferimento al “costo per l’acquisto del bene”, anche nel caso di investimenti effettuati mediante contratto di locazione finanziaria, rende omogeneo il criterio di determinazione del credito d’imposta spettante sia che si proceda con l’acquisto in proprietà che con l’acquisizione del bene in leasing.
Da tutto quanto precede, ne consegue che, ai fini della determinazione del credito d’imposta spettante al locatario, non assume alcuna rilevanza il prezzo di riscatto dallo stesso pagato all’atto di esercizio del diritto di opzione.
Una diversa interpretazione condurrebbe ad un maggior credito d’imposta riconosciuto ai soggetti che effettuano acquisti di beni in leasing rispetto a chi effettua l’investimento agevolato mediante atto di compravendita.
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5. UTILIZZO
5.1 Requisiti per la fruizione
5.1.1 Esercenti arti e professioni
Domanda
Si chiede se le condizioni poste in capo alle imprese dal comma 1052 ai fini della fruizione del credito spettante, ovverosia il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e il corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, valgano anche per gli esercenti arti e professioni.
Risposta
Preliminarmente, si rileva che l’ultimo periodo del comma 1052 della legge di bilancio 2021 stabilisce che «per le imprese ammesse al credito d’imposta, la fruizione del beneficio spettante è comunque subordinata» al «rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore» e al «corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori».
Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del comma 1051 della legge di bilancio 2021, alle imprese è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure stabilite dai commi da 1052 a 1058, in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili.
In particolare, le imprese sono ammesse sia al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali “ordinari”, attribuito alle condizioni e nelle misure stabilite dai commi 1054 e 1055 della legge di bilancio 2021, sia al credito d’imposta per investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”, attribuito alle condizioni e nelle misure stabilite nei commi 1056, 1057 e 1058 della legge di bilancio 2021.
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Ai sensi del successivo comma 1061, il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali “ordinari” di cui ai commi 1054 e 1055 «si applica alle stesse condizioni e negli stessi limiti anche agli investimenti effettuati dagli esercenti arti e professioni».
Considerato che le ipotesi di investimenti contemplate dai commi 1054 e 1055 citati sono soggette, al pari di quelle contemplate nei commi da 1056 a 1058, al rispetto delle condizioni stabilite in capo alle imprese dai commi da 1052 a 1058, si è dell’avviso che le medesime condizioni – comprese quelle dettate dall’ultimo periodo del comma 1052 in tema di utilizzo del credito d’imposta – si rendano applicabili anche con riferimento agli esercenti arti e professioni.
5.1.2 Regolarità contributiva
Domanda
Si chiede di sapere se la disponibilità di un DURC in corso di validità legittimi l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta.
Si chiede, altresì, di chiarire quali siano le conseguenze in cui incorre il soggetto beneficiario del credito d’imposta nel caso di DURC non rilasciato.
Risposta
Fermo restando il rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro dettata dall’ultimo periodo del comma 1052 della legge di bilancio 2021, in presenza dei presupposti soggettivi, oggettivi e procedurali previsti dalla disciplina agevolativa, il contribuente è legittimato alla fruizione del credito d’imposta qualora, alla data di utilizzo in compensazione, abbia correttamente adempiuto agli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.
Al riguardo, si ritiene che la disponibilità del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC)8 in corso di validità al momento della fruizione del credito
8 Previsto dall’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, oggi sostituito dal DURC on line (cfr. articolo 4 del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 16
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d’imposta costituisca prova del corretto adempimento degli obblighi contributivi e previdenziali richiesti dalla norma.
In proposito, si precisa che è necessario che il predetto documento risulti in corso di validità all’atto di ciascun utilizzo in compensazione e ciò tanto nel caso in cui il contribuente abbia provveduto a richiederlo (e l’abbia ottenuto), tanto nel caso in cui, pur non avendolo richiesto, l’avrebbe ottenuto perché in regola con gli obblighi contributivi.
Diversamente, il DURC “irregolare”9 (richiesto e non rilasciato oppure non ottenibile laddove fosse stato richiesto) preclude la fruizione del credito d’imposta spettante. Nel caso in cui il credito (rectius, la quota annuale del credito d’imposta) sia stato comunque utilizzato, in tutto o in parte, in compensazione, tale utilizzo dovrà ritenersi indebito, atteso che, come sopra specificato, la regolarità contributiva costituisce una condizione necessaria ai fini della legittima fruizione del credito d’imposta maturato.
In tale evenienza, nei confronti del soggetto beneficiario, oltre all’obbligo di versamento di quanto indebitamente compensato, comprensivo di interessi, troverà applicazione la sanzione di cui all’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, prevista per l’utilizzo del credito di imposta «in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti», pari al trenta per cento del credito utilizzato10.
maggio 2014, n. 78, e decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, come modificato dal decreto del 23 febbraio 2016).
9 Il DURC “irregolare”, altrimenti detto “negativo”, è quello richiesto e non rilasciato per irregolarità contributiva nei confronti di Inps, Inail e Casse edili.
10 Ai sensi del comma 4 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, «nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di diposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato».
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5.2 Utilizzo oltre il terzo anno
Domanda
Si chiede se sia possibile, anche alla luce della risposta fornita in occasione di Telefisco 2021, continuare a utilizzare il credito d’imposta oltre il terzo anno successivo a quello di entrata in funzione o, per i beni “Industria 4.0”, di interconnessione.
Ad esempio: credito di imposta 3.000 euro, anno N di entrata in funzione/interconnessione del bene utilizzo del credito nell’anno N per una somma pari a 800 euro, nell’anno N+1 utilizzo per 1.200 euro (con recupero dei 200 non utilizzati nell’anno N), nell’anno N+2 utilizzo per 700 euro. Si chiede se nell’anno N+4 il contribuente potrà utilizzare la somma restante pari a 300 euro.
Risposta
In forza del primo periodo del comma 1059 della legge di bilancio 2021, il credito di imposta, ai fini della sua fruizione, è ripartito in tre quote annuali di pari importo ed è utilizzato a scomputo dei versamenti dovuti da effettuarsi esclusivamente mediante il modello di pagamento F24 a decorrere dall’anno di entrata in funzione, ovvero di avvenuta interconnessione, dei beni oggetto di investimento.
Come emerge anche dal tenore letterale della disposizione, la ripartizione in quote annuali risponde alla necessità, soprattutto di ordine finanziario, di porre un limite annuo all’utilizzo del credito d’imposta – nella misura di un terzo dell’importo maturato – e non già di fissare un obbligo di utilizzo dell’intera quota annuale ivi stabilita o un limite temporale alla sua fruizione.
Pertanto, nel caso in cui la quota annuale – o parte di essa – non sia utilizzata, l’ammontare residuo potrà essere riportato in avanti nelle dichiarazioni dei periodi di imposta successivi senza alcun limite temporale ed essere utilizzato già dall’anno successivo, secondo le ordinarie modalità di utilizzo del credito, andando così a sommarsi alla quota fruibile a partire dal medesimo anno.
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Con riferimento alla situazione esemplificata, fermo restando che ai fini della fruizione del credito di imposta devono sussistere i presupposti soggettivi, oggettivi e procedurali previsti dai commi 1051–1062 della legge di bilancio 2021, sarà possibile utilizzare l’ammontare residuo di 300 euro a partire dall’anno N+4.
5.3 Utilizzo in un’unica quota
Domanda
Si chiede di sapere se la previsione di utilizzo in un’unica quota del credito d’imposta disposta dal secondo periodo del comma 1059 e dal comma 1059-bis rappresenti un’opzione alternativa alla compensazione in tre quote annuali di pari importo.
Inoltre, ai fini dell’utilizzo in un’unica quota del credito d’imposta per gli investimenti aventi ad oggetto beni strumentali immateriali diversi da quelli relativi a “Industria 4.0”, effettuati da soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro, si chiede di sapere a quale periodo d’imposta occorra fare riferimento per individuare il menzionato limite dimensionale.
Risposta
Si osserva preliminarmente che, in deroga alla previsione generale recata dal primo periodo del comma 1059 della legge di bilancio 2021, secondo cui il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione in tre quote annuali di pari importo, il secondo periodo del comma 1059 citato prevede che «Per gli investimenti in beni strumentali effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1054 ai soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale».
Inoltre, il successivo comma 1059-bis, introdotto nell’articolo 1 della legge di bilancio 2021 ad opera dell’articolo 20 del decreto Sostegni-bis, stabilisce che «Per gli investimenti in beni strumentali materiali diversi da quelli indicati nell’allegato
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A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, effettuati a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1054 ai soggetti con un volume di ricavi o compensi non inferiori a 5 milioni di euro è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale».
Dal combinato disposto delle menzionate norme si evince che è utilizzabile in compensazione in un’unica quota annuale:
– il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali materiali “non 4.0” effettuati ai sensi del comma 1054 della legge di bilancio 2021 a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, indipendentemente dal volume dei ricavi o dei compensi dei soggetti beneficiari;
– il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali immateriali “non 4.0” effettuati nel medesimo arco temporale dai soggetti con un volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro.
L’utilizzabilità in un’unica quota, quindi, non riguarda né il credito d’imposta per i medesimi investimenti effettuati nel secondo anno di applicazione dell’agevolazione ai sensi del comma 1055 della legge di bilancio 2021, né il credito d’imposta per gli investimenti in beni materiali e immateriali “Industria 4.0”, effettuati ai sensi dei commi 1056, 1057 e 1058 della legge di bilancio 2021, per i quali il beneficiario continuerà a fruire del credito in tre quote annuali, indipendentemente dal volume dei ricavi o dei compensi conseguiti.
Ciò posto, con riferimento al primo quesito, si osserva che nella relazione illustrativa alla legge di bilancio 2021 si afferma che il comma 1059 riduce a tre le quote annuali di fruizione del credito, prevedendo, altresì, per i soggetti con volume di ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro la possibilità di utilizzare il credito d’imposta in un’unica quota annuale.
Inoltre, nella relazione tecnica alla legge di bilancio 2021 si specifica che per tutti i crediti il periodo di utilizzo è di tre anni e che, limitatamente agli investimenti in beni diversi da quelli relativi a “Industria 4.0” effettuati nel 2021 da contribuenti
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con volume di ricavi o compensi fino a 5 milioni di euro, il credito può essere interamente utilizzato nel primo anno.
Le affermazioni contenute nelle due relazioni confermerebbero, quindi, che per i soggetti che non superano i limiti dimensionali previsti dalla norma è disposta un’eccezione alla ripartizione dell’utilizzo in tre quote annuali di pari importo e che l’utilizzo del credito in un’unica quota rappresenti per tali contribuenti una facoltà.
Quanto al comma 1059-bis, si osserva che la relazione tecnica al decreto Sostegni-bis, nel riportare il contenuto della relazione tecnica alla legge di Bilancio 2021, si limita ad affermare che “ai fini della valutazione della norma in oggetto, è stato quantificato l’impatto dovuto all’utilizzabilità in un’unica soluzione del credito ex-super relativo agli investimenti ordinati e consegnati nel 2021”.
Ciò considerato, stante l’assenza di ulteriori indicazioni sul punto, si ritiene che possa pervenirsi alle medesime conclusioni sopra indicate, ossia che l’utilizzo in un’unica soluzione del credito d’imposta rappresenti una facoltà e che, nel caso in cui tale facoltà non venga azionata, il contribuente sconterà il credito in tre quote annuali di pari importo.
Nell’ipotesi in cui il contribuente scelga di fruire del credito d’imposta in un’unica quota, conformemente a quanto indicato nella risposta al precedente quesito n. 5.2, si fa presente che il credito non utilizzato, in tutto o in parte, potrà essere riportato in avanti nelle dichiarazioni dei periodi di imposta successivi.
In merito al secondo quesito, occorre considerare, da un lato, che né i commi 1059 e 1059-bis, né le rispettive relazioni illustrative danno indicazioni in merito al periodo di imposta rilevante ai fini della verifica del limite dei ricavi o dei compensi.
D’altro canto, come stabilito dal primo periodo del comma 1059, la fruizione del credito d’imposta maturato per gli investimenti in beni strumentali nuovi diversi da quelli relativi a “Industria 4.0” di cui ai commi 1054 e 1055 della legge di bilancio 2021 avviene a decorrere dall’entrata in funzione dei beni.
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Si ritiene, pertanto, che la verifica del limite dimensionale, ai fini della fruizione in un’unica quota del credito d’imposta avente ad oggetto investimenti in beni strumentali immateriali “non 4.0”, vada effettuata avendo riguardo ai ricavi o ai compensi conseguiti da parte dei soggetti beneficiari nel periodo d’imposta precedente a quello di entrata in funzione del bene.
Del resto, una differente interpretazione potrebbe rendere non possibile l’utilizzazione del credito nell’anno di effettuazione dell’investimento laddove tale anno coincidesse con quello dell’entrata in funzione, non essendo noto in corso d’anno il volume di ricavi o di compensi che saranno conseguiti nell’anno stesso.
5.4 Ritardo nell’interconnessione
Domanda
Si chiede di sapere se il “ritardo” nell’interconnessione (conseguente, ad esempio, alla complessità dell’investimento) sia di ostacolo alla completa fruizione del credito d’imposta o produca solo un semplice slittamento del momento dal quale si può iniziare a godere del beneficio, analogamente a quanto precisato nella circolare n. 4/E del 2017 con riferimento all’iper ammortamento. Si chiede inoltre di specificare quali siano le modalità applicative del credito d’imposta nelle more dell’avvenuta interconnessione.
Risposta
Come osservato in premessa, con la legge di bilancio 2020 è stata ridefinita la disciplina degli incentivi fiscali previsti dal “Piano Nazionale Impresa 4.0” attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta, alle condizioni e nelle misure stabilite dai commi 188, 189 e 190 in relazione alle diverse tipologie di beni agevolabili, in luogo della maggiorazione del costo di acquisizione prevista dalle precedenti discipline (cc.dd. super ammortamento e iper ammortamento).
Al riguardo, occorre considerare, da un lato, che, come accennato nella risposta al quesito 4.4, rispetto all’agevolazione fruita sotto forma di maggiorazione
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(che, in estrema sintesi, si ricorda consistere in un incremento del costo di acquisizione del bene, il quale determina un aumento della quota annua di ammortamento fiscalmente deducibile e si sostanzia in una deduzione extra-contabile, da operare nella dichiarazione dei redditi attraverso una variazione in diminuzione determinata in funzione dell’applicazione dei coefficienti tabellari di ammortamento stabiliti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988, ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del Tuir), il beneficio attribuito sotto forma di credito d’imposta è “sganciato” dai coefficienti di ammortamento ed è parametrato tout court al costo di acquisizione del bene eleggibile.
Occorre osservare, altresì, che, in continuità con la disciplina dell’iper ammortamento e del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi introdotto dalla legge di bilancio 2020, anche il comma 1059 della legge di bilancio 2021 ammette, in caso di disallineamento temporale tra l’entrata in funzione del bene “Industria 4.0” e la sua interconnessione, la fruizione del credito d’imposta “in misura ridotta” dall’anno di entrata in funzione del bene, ovverosia nella medesima aliquota percentuale spettante in relazione agli investimenti aventi ad oggetto beni strumentali “ordinari” (i.e., 10 per cento e 6 per cento, rispettivamente, ai sensi dei commi 1054 e 1055 della legge di bilancio 2021), rinviando la fruizione del credito d’imposta “in misura piena” (ai sensi dei commi da 1056 a 1058 della legge di bilancio 2021) a partire dall’anno dell’avvenuta interconnessione ai sensi del comma 1062 della legge di bilancio 2021.
Quindi, nel caso in cui il bene entri comunque in funzione, pur senza essere interconnesso, il contribuente può godere del credito d’imposta “in misura ridotta” fino all’anno precedente a quello in cui si realizza l’interconnessione oppure può decidere di attendere l’interconnessione ai sensi del comma 1062 e fruire del credito di imposta “in misura piena”.
Come anticipato, la previgente legislazione interveniva sulla disciplina fiscale degli ammortamenti, mentre la nuova disciplina agevola gli investimenti in beni
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strumentali nuovi prevedendo l’erogazione di un credito d’imposta commisurato al valore del bene determinato ai sensi dell’articolo 110, comma 1, lett. b), del Tuir.
Pertanto, nel caso in cui l’impresa decida di avvalersi del credito di imposta “in misura ridotta” a seguito dell’entrata in funzione del bene, l’ammontare del credito d’imposta “in misura piena” successivamente fruibile dall’anno di interconnessione dovrà essere decurtato di quanto già fruito in precedenza. Tale valore, al netto del credito di imposta già fruito, sarà poi suddiviso in un nuovo triennio di fruizione di pari importo.
Ad esempio, ipotizzando che nel corso del 2021 si proceda all’acquisto e all’entrata in funzione di un bene agevolabile il cui costo sia pari a 90.000 euro e che nel corso del 2022 si proceda alla sua interconnessione, qualora l’impresa nel corso del 2021 si avvalga della possibilità di utilizzare in compensazione la prima quota del credito spettante ai sensi del comma 1054 della legge di bilancio 2021, pari a 3.000 euro (1/3 di 9.000), a partire dal 2022 decorrerà il triennio di fruizione del credito spettante, per ipotesi, ai sensi del comma 1056 e la quota annuale compensabile sarà pari a 14.000 euro [1/3 di 42.000 (45.000 – 3.000)].
Sempre in relazione agli investimenti in beni “Industria 4.0”, ai sensi del comma 1062 della legge di bilancio 2021, i soggetti beneficiari sono tenuti altresì a produrre una perizia asseverata o un attestato di conformità da cui risulti che i beni possiedono caratteristiche tecniche, tali da includerli negli elenchi di cui agli allegati A e B annessi alla legge n. 232 del 2016, e sono interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura.
La norma da ultimo menzionata e le disposizioni agevolative in cui la medesima è inserita non contemplano espressamente alcun termine entro il quale il bene 4.0 deve essere interconnesso e i documenti attestanti la sussistenza dei requisiti necessari per l’agevolazione devono essere acquisiti.
Sul punto, si ritiene che tornino applicabili le indicazioni fornite con la circolare n. 4/E del 2017 e con la risoluzione n. 27/E del 9 aprile 2018 in tema di
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iper ammortamento, nonché con la risposta a istanza di interpello n. 394 dell’8 giugno 2021 resa in riferimento al credito d’imposta in esame.
Nella citata circolare 4/E del 2017 è stato precisato che la fruizione dell’iper ammortamento dipende dai momenti di effettuazione dell’investimento e di entrata in funzione del bene e che solo da quest’ultimo è possibile iniziare a godere dell’iper ammortamento, a condizione che nello stesso periodo d’imposta avvenga anche l’interconnessione del bene. Nell’ipotesi in cui, invece, l’interconnessione sia effettuata in un periodo d’imposta successivo a quello di entrata in funzione del bene, la fruizione dell’iper ammortamento potrà iniziare solo da tale successivo periodo.
Con la risoluzione n. 27/E del 2018 è stato chiarito che l’effettiva implementazione dell’interconnessione del bene al sistema aziendale e l’attestazione documentale delle caratteristiche tecniche in periodi d’imposta tra loro diversi non comportano il venir meno dell’agevolazione, ma determinano solo lo slittamento in avanti del dies a quo per la fruizione del maggior beneficio.
Infine, con la risposta a istanza di interpello n. 394 dell’8 giugno 2021, è stato specificato, sulla base del parere tecnico reso dal Mi.S.E. che: “… si rende opportuno preliminarmente richiamare l’attenzione sul fatto che il riconoscimento dei benefici previsti per gli investimenti in beni strumentali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi aziendali secondo il paradigma “4.0” – a prescindere dalla forma in cui viene riconosciuta la sovvenzione in base alla disciplina applicabile in funzione del momento di effettuazione – presuppone il soddisfacimento di alcune caratteristiche tecnologiche, in parte “richieste” al bene oggetto d’investimento e in parte “richieste” all’impresa beneficiaria, dipendenti dalla classificazione del bene stesso, attraverso la sua riconduzione ad una delle voci degli allegati A e B… Ciò ricordato, si precisa ancora, sul piano generale, che le … caratteristiche tecnologiche … che il paradigma 4.0 “richiede” ai beni medesimi devono essere presenti prima del loro utilizzo nel processo di produzione
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(o messa in funzione). Quanto all’interconnessione, requisito il cui soddisfacimento, come accennato, dipende non solo dalle caratteristiche intrinseche del nuovo bene oggetto d’investimento, ma anche, strettamente, dalle caratteristiche del sistema informativo dell’impresa, è stato riconosciuto che lo stesso possa essere soddisfatto anche in un momento successivo a quello di effettuazione dell’investimento e messa in funzione del bene; e ciò, proprio per consentire all’impresa di potersi dotare o di poter adeguare i sistemi informatici ai quali il bene (già dotato delle caratteristiche tecniche al momento del suo primo utilizzo) dovrà interconnettersi. Al riguardo, nella citata circolare 4/E del 2017 è stato precisato che: “…il “ritardo”” nell’interconnessione (conseguente, ad esempio, alla complessità dell’investimento) non è di ostacolo alla completa fruizione dell’iper ammortamento, ma produce un semplice slittamento del momento dal quale si può iniziare a godere del beneficio” (cfr. pag. 67 e il successivo paragrafo 6.3). In tal senso, l’interconnessione, per così dire, “tardiva” dei beni può essere dovuta alla necessità di completare l’infrastruttura informatica indispensabile a interconnettere il bene; in nessun caso, invece, l’interconnessione successiva rispetto all’entrata in funzione dei beni può dipendere dal fatto che al momento del loro primo utilizzo i beni medesimi non possiedano le caratteristiche intrinseche richieste dalla disciplina 4.0. […]. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, pertanto, deve in ogni caso escludersi che, per i beni non dotati, al momento del loro primo utilizzo, di tutte le caratteristiche tecniche richieste dal paradigma 4.0, il successivo apporto di modifiche e integrazioni atte a conferire ai medesimi ex post una o più di tali caratteristiche, possa consentire l’ammissibilità ai benefici 4.0. […]. Da ultimo, appare anche opportuno ricordare, in via generale, che il rispetto delle 5+2/3 caratteristiche tecnologiche e del requisito dell’interconnessione, dovranno essere mantenute in essere per tutto il periodo di godimento dei benefici 4.0. Al riguardo, si precisa che, ai fini dei successivi controlli, dovrà essere cura dell’impresa beneficiaria documentare, attraverso un’adeguata e sistematica reportistica, il mantenimento,
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per tutto il periodo di fruizione dei benefici, delle caratteristiche e dei requisiti richiesti”.
Sulla scorta delle indicazioni sopra riportate, è possibile, pertanto, concludere che, potendo l’interconnessione intervenire anche in un anno successivo a quello di effettuazione dell’investimento e di entrata in funzione del bene esclusivamente per la necessità di acquisire o di adeguare l’infrastruttura informatica necessaria all’interconnessione, l’agevolazione non viene meno sempreché le caratteristiche tecniche, richieste dalla disciplina 4.0, siano presenti nel bene già anteriormente al suo primo utilizzo (o messa in funzione) e sempreché il soddisfacimento di tutte le suddette caratteristiche tecnologiche e di interconnessione permanga per l’intero periodo di tempo in cui il soggetto beneficiario fruisce del credito d’imposta in rassegna.
5.5 Importi superiori a 5.000 euro
Domanda
Si chiede se l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per importi superiori a 5.000 euro sia subordinato alla preventiva presentazione della dichiarazione munita del visto di conformità.
Risposta
L’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta di natura agevolativa, da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, come il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi, non necessita della preventiva presentazione della dichiarazione dei redditi da cui emergono i crediti stessi.
L’obbligo della preventiva presentazione della dichiarazione dei redditi, introdotto dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157), che ha modificato l’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo del 9 luglio 1997, n. 241, consente di effettuare la compensazione per importi superiori a 5.000 euro solo a
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decorrere dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione da cui emergono i crediti.
Con la risposta fornita in occasione di Telefisco 2020 è stato chiarito che tale obbligo si riferisce esclusivamente ai crediti Iva, ai crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’Irap di importo superiore a 5.000 euro annuo, non anche ai crediti d’imposta di natura agevolativa, per i quali, si ricorda, non trovano applicazione, altresì, le disposizioni sull’apposizione del visto di conformità.
A tale ultimo riguardo, con la circolare n. 10/E del 14 maggio 2014, è stato chiarito che il limite, superato il quale scatta l’obbligo di apposizione del visto, è riferibile esclusivamente alla compensazione “orizzontale” dei crediti a seguito del richiamo all’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 e, quindi, non alla compensazione “verticale”, ancorché questa venga effettuata mediante la delega di versamento.
Con la circolare n. 28/E del 25 settembre 2014 è stato, inoltre, chiarito che sono esclusi dall’obbligo di apposizione del visto di conformità i crediti il cui presupposto non sia direttamente riconducibile alle imposte sui redditi e relative addizionali, quali i crediti aventi natura strettamente agevolativa.
Alla luce dei predetti chiarimenti, si ritiene, con riferimento all’agevolazione de qua, che l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi per importi superiori al limite attualmente fissato a 5.000 euro11 non soggiace all’obbligo di apposizione del visto di conformità sul modello di dichiarazione in cui il credito viene indicato, atteso che lo stesso non è direttamente riconducibile alle imposte sui redditi, ma ha natura strettamente agevolativa.
11 Cfr. articolo 1, comma 574, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, come modificato dall’articolo 3, comma 1, lett. a), del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96).
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5.6 Utilizzo del credito d’imposta da parte di un soggetto diverso da quello che lo ha maturato
5.6.1 Operazioni straordinarie
Domanda
Si chiede se il credito d’imposta in esame possa essere trasferito in caso di conferimento d’azienda o di ramo d’azienda (ad esempio, da ditta individuale a società) oppure in caso di altra operazione straordinaria (ad esempio, trasformazione).
Risposta
Preliminarmente si rileva che l’Amministrazione finanziaria, in varie occasioni, ha avuto modo di affermare la non trasferibilità dei crediti d’imposta di natura similare a quello in argomento in forza della natura soggettiva dei medesimi: essi infatti maturano esclusivamente in capo ai soggetti che effettuano l’investimento e non possono essere trasferiti a soggetti terzi per effetto di atti realizzativi.
Il trasferimento della titolarità è, infatti, ammissibile unicamente nei casi in cui specifiche norme giuridiche prevedono, al verificarsi dell’operazione, una confusione di diritti e obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati; ad esempio, nei casi di fusione (cfr. circolare n. 38/E del 9 maggio 2002), successione per decesso dell’imprenditore individuale (cfr. risoluzione n. 140/E del 26 giugno 2003), scissione (cfr. risoluzione n. 143/E del 30 giugno 2003). Ugualmente i crediti di tal natura possono essere trasferiti nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato (cfr. risposta a istanza di interpello n. 72 dell’8 marzo 2019).
Inoltre, nella circolare n. 8/E del 10 aprile 2019, emanata a commento del meccanismo di recapture nell’ambito della disciplina dell’iper ammortamento di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96 (c.d. decreto dignità), che si attiva nelle ipotesi assimilabili a quelle del presente credito d’imposta, ossia quando i beni
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agevolati sono “ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa”, è stato precisato che: “la fattispecie della cessione del singolo bene debba essere separata dalla diversa ipotesi del trasferimento del bene agevolato all’interno di un compendio aziendale oggetto di un’operazione straordinaria (indipendentemente dal fatto che questa sia fiscalmente neutrale o realizzativa). In quest’ultima ipotesi, infatti, il trasferimento del bene nell’ambito di un’azienda o di un ramo d’azienda, diversamente dall’ipotesi del trasferimento del singolo cespite, non vanifica la finalità sottesa alle disposizioni agevolative: in tal caso, infatti, l’azienda mantiene, sotto il profilo tecnologico e digitale, sempre lo stesso livello “qualitativo”. In altre parole, i beni agevolati e l’azienda in cui essi sono inseriti continuano ad essere utilizzati come un complesso unitario, tecnologicamente trasformato, in coerenza con la ratio della norma agevolativa. Pertanto, il mutamento della titolarità di un’azienda (o di un ramo d’azienda) che contiene uno o più beni agevolati non comporta il venir meno dell’iper ammortamento, la cui fruizione continuerà, in capo all’avente causa, secondo le regole, i costi e la dinamica temporale originariamente determinati in capo al dante causa, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento di proprietà del complesso aziendale”.
Ciò rilevato, si ritiene che anche al credito d’imposta in esame si applichi il principio desumibile dai citati documenti di prassi, ovverosia che, in presenza di operazioni straordinarie, caratterizzate dalla veicolazione dell’azienda o di un ramo d’azienda nel cui ambito è rinvenibile il bene agevolato da cui origina il credito d’imposta, l’avente causa continuerà a fruire del credito d’imposta maturato in capo al dante causa, secondo le regole originariamente determinate in capo a quest’ultimo, indipendentemente dal sopravvenuto cambiamento di proprietà del complesso aziendale.
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5.6.2 Eredi dell’imprenditore
Domanda
Sempre in tema di trasferibilità del credito d’imposta, si chiede se in caso di decesso del beneficiario, titolare di un’impresa individuale, lo stesso possa essere trasferito agli eredi, nel presupposto che proseguano l’attività.
Risposta
In estrema sintesi, come più ampiamente argomentato nella risposta in tema di trasferibilità del credito in ipotesi di operazioni straordinarie, il trasferimento dei crediti d’imposta di natura similare a quello in esame è consentito a condizione che il credito circoli con l’azienda in relazione alla quale lo stesso è maturato.
Per quanto qui d’interesse, si precisa che, in coerenza con quanto chiarito nella risoluzione n. 140/E del 26 giugno 2003, riferita alla disciplina del credito d’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate di cui all’articolo 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la successione per decesso dell’imprenditore individuale, in quanto peraltro non dipendente da atti volontari, rappresenta una delle fattispecie in presenza delle quali è consentita, a fronte della prosecuzione dell’attività d’impresa, la continuazione della fruizione da parte degli eredi del credito maturato in capo al de cuius.
5.6.3 Partecipanti di enti trasparenti
Domanda
Si chiede se sia possibile “trasferire” il credito d’imposta ai soggetti trasparenti partecipanti all’impresa familiare ovvero alla società di persone.
Inoltre, si chiede di conoscere il criterio da utilizzare per il predetto trasferimento, da quando possa intervenire il trasferimento del credito ai soggetti partecipanti all’ente trasparente e da quando i medesimi possano utilizzarlo.
Risposta
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In ordine al trasferimento dei crediti d’imposta delle società ai soci, si ricorda che l’Agenzia delle entrate, con la risposta a istanza di interpello n. 85 del 5 marzo 2020, ha affermato la legittimità dell’attribuzione al collaboratore dell’impresa familiare e ai soci di società di persone del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, in considerazione dei principi che regolano l’imputazione del reddito per trasparenza. Le medesime considerazioni devono, pertanto, ritenersi valide anche con riferimento al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi.
Dalle indicazioni contenute nella citata risposta n. 85 del 2020 (che richiama la risoluzione n. 163/E del 31 luglio 2003, con cui è stata attribuita valenza generale ai principi espressi nelle risoluzioni n. 120/E del 18 aprile 2002 e n. 286/E del 22 agosto 2002, relative ai crediti d’imposta per gli incrementi occupazionali e per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui agli articoli 7 e 8 della legge n. 388 del 2000), emergono, altresì, quali sono i criteri, le modalità e la tempistica da seguire per l’attribuzione di un credito agevolativo da parte dell’ente trasparente e per l’utilizzo del credito da parte dei soci della società di persone o dei collaboratori dell’impresa familiare.
Nello specifico, l’attribuzione del credito ai soci o ai collaboratori va effettuata in proporzione alle quote di partecipazione agli utili.
Tale attribuzione deve risultare dalla dichiarazione dei redditi dell’ente trasparente, il quale dà evidenza formale della ripartizione, indicando nel quadro RU del modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta nel corso del quale il credito è maturato (i.e., il periodo di imposta in cui sono stati realizzati gli investimenti agevolati) l’ammontare spettante, quello eventualmente già utilizzato e quello residuo da riportare nella successiva dichiarazione, al netto dell’ammontare che si intende attribuire ai propri soci o collaboratori, anch’esso da indicare in apposito rigo.
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I soci o i collaboratori, a loro volta, acquisiscono nella propria dichiarazione la quota di credito ad essi assegnata, al fine di utilizzarla in compensazione.
Infine, si fa presente che, in forza del comma 1059 della legge di bilancio 2021, l’utilizzo del credito d’imposta è consentito non a decorrere dalla maturazione del beneficio (i.e., effettuazione dell’investimento eleggibile), ma a decorrere dall’entrata in funzione del bene che dà diritto all’agevolazione o dall’interconnessione dello stesso.
Chiaramente l’utilizzo da parte del socio o del collaboratore della propria quota di credito d’imposta è subordinato alla fruibilità del credito medesimo da parte dell’ente trasparente, ossia all’entrata in funzione o all’interconnessione del bene agevolato.
Si precisa, infine, che, in ciascun anno, la parte di credito attribuita ai soci o ai collaboratori, incrementata da quella utilizzata direttamente dalla società, non può eccedere la quota fruibile annualmente.
Ad esempio, si consideri il caso di una società di persone titolare di un credito d’imposta fruibile nella misura complessiva di 300 da ripartire in tre quote annuali.
La società potrà utilizzare in compensazione il credito d’imposta in esame nella misura massima di 100 per ciascun anno, ossia:
– 100 per l’anno N;
– 100 per l’anno N+1;
– 100 per l’anno N+2.
Nell’esempio considerato, quindi, la quota annuale massima di credito d’imposta spendibile in compensazione da parte della società trasparente è di 100.
Qualora nell’anno N la società fruisca del credito d’imposta nella misura di 80, potrà attribuire ai soci la sola quota di credito d’imposta residua annua di 20, ripartendola tra gli stessi. Nell’ipotesi in cui i soci della società trasparente siano due e partecipino la società al 50 per cento ciascuno, la società potrà attribuire al socio A
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una quota del credito d’imposta residuo annuo di 10 e al socio B una quota del credito d’imposta residuo annuo di 10.
Nell’anno N, quindi, dovrà risultare che l’importo complessivo del credito d’imposta utilizzabile da parte della società trasparente e dai soci (nell’esempio, pari a 80 per la società e a 10 per il socio A e 10 per il socio B) non superi la quota massima di credito d’imposta fruibile nell’anno (pari a 100). Tale regola torna applicabile anche con riferimento all’anno N+1 e all’anno N+2.
5.6.4 Soci di società cooperative
Domanda
Si chiede se il credito d’imposta maturato da una società cooperativa possa essere successivamente attribuito ai singoli soci.
Risposta
L’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione in esame è individuato dal primo periodo del comma 1051 della legge di bilancio 2021, ai sensi del quale il credito di imposta è attribuito «a tutte le imprese (…) indipendentemente dalla forma giuridica (…) che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi (…)».
Destinatari di tale beneficio sono, pertanto, i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, esclusi i soggetti c.d. in difficoltà.
Ciò posto, in ordine al trasferimento dei crediti d’imposta delle società ai soci, si ricorda che l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 85 del 2020 ha affermato la legittimità dell’attribuzione al collaboratore dell’impresa familiare e ai soci di società di persone del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, in virtù dei principi che regolano l’imputazione del reddito per trasparenza.
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Nell’ipotesi di tassazione per trasparenza, l’attribuzione ai soci del credito maturato in capo alla società non configura un’ipotesi di cessione del credito d’imposta, ma ne costituisce una particolare forma di utilizzo.
Tali conclusioni valgono anche per le società cooperative che, avendone i requisiti, abbiano optato per la trasparenza fiscale di cui all’articolo 115 del Tuir e, pertanto, sono assimilate, ai fini della tassazione, alle società di persone. In assenza di opzione per la trasparenza fiscale, le società cooperative, in qualità di soggetti passivi all’Ires, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lett. a), del Tuir, non potranno applicare i principi sopra menzionati e, quindi, imputare ai soci il credito d’imposta maturato in capo alle medesime.
6. CUMULO CON ALTRE AGEVOLAZIONI
6.1 Verifica del cumulo
Domanda
In caso di concomitante applicazione del credito di imposta con incentivi che sovvenzionano i medesimi costi, il comma 1059 della legge di bilancio 2021 consente il cumulo dell’agevolazione in rassegna con le altre misure di favore, nel presupposto che l’ammontare cumulato dei vari benefici non risulti superiore al costo sostenuto, tenendo conto, a tal fine, anche del beneficio dato dall’irrilevanza ai fini fiscali del credito d’imposta.
In proposito, si chiede quale sia il procedimento da seguire per verificare gli importi in relazione ai quali è possibile beneficiare del credito d’imposta.
Risposta
Come disposto dall’ultimo periodo del comma 1059 della legge di bilancio 2021, il credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi «è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e
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della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive…, non porti al superamento del costo sostenuto».
In sostanza, come si evince anche dal tenore letterale della disposizione, l’agevolazione in esame risulta cumulabile con altre misure di favore (fiscali e non) insistenti sugli stessi costi ammissibili al credito d’imposta, nel limite massimo rappresentato dal costo sostenuto.
Eventuali ulteriori limitazioni alla fruizione del credito di imposta possono derivare dalla circostanza che siano le discipline di tali altre misure di favore a prevedere un divieto di cumulo con altre disposizioni agevolative.
Ciò posto, al fine di appurare che, a seguito del cumulo degli incentivi, i costi relativi agli investimenti ammissibili al credito d’imposta non risultino coperti oltre il limite massimo, rappresentato dal 100 per cento del loro ammontare, in primo luogo, è necessario individuare i costi riferibili ai beni oggetto di investimento ammissibili a entrambe le discipline agevolative e assumere, quali costi rilevanti ai fini del credito d’imposta, l’importo complessivo dei costi ammissibili, al lordo dei contributi agli stessi correlati, cioè per il loro intero ammontare, anche se di tali costi il contribuente non è rimasto inciso per effetto dei contributi erogati a suo favore.
Quindi, occorre calcolare il credito di imposta teoricamente spettante, e sommare tale importo teorico a quello degli altri incentivi pubblici concessi sui medesimi investimenti.
Il risultato di tale somma non deve superare il “costo sostenuto” ovverosia l’ammontare complessivo dei costi ammissibili di competenza del periodo di imposta per il quale il contribuente intende avvalersi del credito di imposta.
In forza dell’ultimo periodo del comma 1059 della legge di bilancio 2021 (analoga previsione è contenuta nel comma 192 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019), nella sommatoria si deve tenere conto anche del beneficio ascrivibile alla non concorrenza del credito d’imposta alla formazione del reddito e della base imponibile IRAP disposta dal penultimo periodo dello stesso comma 1059, secondo
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cui, si ricorda, il credito d’imposta «non concorre alla formazione del reddito nonché della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive».
Tanto precisato, se la somma dell’importo degli altri incentivi concessi sugli investimenti ammissibili e del credito di imposta in oggetto, maggiorato del suddetto risparmio d’imposta, risulta minore o uguale al costo agevolabile, è possibile beneficiare del credito di imposta per il suo intero importo.
Qualora, invece, il risultato della somma fosse superiore, il contribuente sarà tenuto a ridurre corrispondentemente il credito di imposta spettante in modo che, sommato agli altri incentivi pubblici (fiscali e non) concessi per il medesimo investimento in beni strumentali, non venga superato il limite massimo rappresentato dal 100 per cento dei costi sostenuti.
7. RIDETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE
7.1 Beni in leasing
Domanda
Nell’ipotesi di investimento effettuato mediante contratto di locazione finanziaria, si chiede quali conseguenze derivino dal mancato riscatto del bene o dalla cessione del contratto di leasing.
Si chiede di sapere, inoltre, quali siano le conseguenze nell’ipotesi in cui il bene acquisito in proprietà a seguito di riscatto, per il quale si è fruito del credito d’imposta in esame, sia oggetto di un contratto di sale and lease back.
Risposta
Il comma 1060 della legge di bilancio 2021 prevede che il credito d’imposta debba essere corrispondentemente ridotto (c.d. recapture) nell’ipotesi in cui «i beni agevolati sono ceduti a titolo oneroso o sono destinati a strutture produttive ubicate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto»12 entro il 31 dicembre del
12 Analogamente al comma 193 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2020.
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secondo anno successivo a quello di entrata in funzione ovvero a quello di avvenuta interconnessione (c.d. “periodo di sorveglianza”).
La norma citata mira a garantire che la concessione dell’agevolazione sia collegata al concreto sfruttamento dei beni agevolati per un periodo minimo nell’economia dell’impresa.
Nel caso di investimenti effettuati mediante contratto di locazione finanziaria, il mancato esercizio del diritto di riscatto così come la cessione del contratto di leasing durante il “periodo di sorveglianza” costituiscono causa di rideterminazione dell’incentivo, in quanto, in virtù dell’ormai consolidato principio di tendenziale equivalenza tra l’acquisto del bene in proprio e l’acquisizione dello stesso tramite un contratto di leasing, tali ipotesi sono da assimilare alle fattispecie, espressamente previste dal comma 1060 della legge di bilancio 2021, di cessione a titolo oneroso e di delocalizzazione dei beni agevolati acquisiti in proprietà.
In tali circostanze, come stabilito dal comma 1060 della legge di bilancio 2021, «il credito d’imposta è corrispondentemente ridotto escludendo dall’originaria base di calcolo il relativo costo».
Considerato che, ai sensi del comma 1054 della legge di bilancio 2021, per gli investimenti effettuati mediante contratti di locazione finanziaria ai fini della determinazione del credito d’imposta si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni, si ritiene che sia tale valore a dover essere escluso dall’originaria base di calcolo (rappresentata dalla somma di tutti i costi dei beni ammessi all’agevolazione) ai fini della rideterminazione dell’agevolazione.
Il credito d’imposta non sarà oggetto di rideterminazione qualora, nel periodo di sorveglianza, il bene acquisito in proprietà a seguito di riscatto venga successivamente ceduto a una società di leasing nel contesto di un’operazione di sale and lease back.
Al riguardo, conformemente a quanto indicato nella risposta al precedente quesito n. 4.4, ovverosia che, ai fini della determinazione del credito d’imposta
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spettante al locatario, non rileva il prezzo di riscatto dallo stesso pagato all’atto di esercizio del diritto di opzione in quanto si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni, si precisa che l’eventuale esercizio del diritto di riscatto del bene oggetto del contratto di sale and lease back non configura un’ulteriore ipotesi di investimento agevolabile.
Tanto chiarito, si ritiene opportuno precisare che anche nelle ipotesi in cui la rideterminazione riguardi i beni in leasing, si rendono applicabili «in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 1, commi 35 e 36, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in materia di investimenti sostitutivi», come stabilito dall’ultimo periodo del comma 1060 della legge di bilancio 2021.
Come ricordato nella risposta n. 23 fornita in occasione di Telefisco 2020 con riferimento all’analoga norma contenuta nel comma 193 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2020, le disposizioni concernenti il trattamento dei cosiddetti “investimenti sostitutivi” sono state introdotte a complemento della precedente disciplina agevolativa dell’iper ammortamento (articolo 1, comma 9, della legge n. 232 del 2016 e successive modifiche e integrazioni), al fine di consentire alle imprese di continuare a fruire di tale agevolazione anche nel caso in cui, durante il periodo di fruizione della maggiorazione del costo ammortizzabile, si fosse verificata la cessione a titolo oneroso dei beni agevolati di cui all’allegato A annesso alla legge n. 232 del 2016.
In particolare, ai sensi del comma 35 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017, se nel corso del periodo di sorveglianza si verifica il realizzo a titolo oneroso del bene oggetto dell’agevolazione, non viene meno la fruizione delle residue quote del beneficio, così come originariamente determinate, a condizione che, nello stesso periodo d’imposta del realizzo, l’impresa:
a) sostituisca il bene originario con un bene materiale strumentale nuovo avente caratteristiche tecnologiche analoghe oppure superiori a quelle previste dall’allegato A della legge n. 232 del 2016;
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b) attesti l’effettuazione dell’investimento sostitutivo, le caratteristiche del nuovo bene e il requisito dell’interconnessione secondo le regole previste dall’articolo 1, comma 11, della legge n. 232 del 2016.
In base al successivo comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017, qualora il costo di acquisizione dell’investimento sostitutivo di cui al comma 35 sia inferiore al costo di acquisizione del bene sostituito, sempre che ricorrano le altre condizioni previste alle lettere a) e b) del comma 35, la fruizione del beneficio prosegue per le quote residue fino a concorrenza del costo del nuovo investimento (inferiore).
Si precisa che anche nell’ambito della nuova disciplina agevolativa le disposizioni concernenti gli investimenti sostitutivi si rendono applicabili esclusivamente per i beni materiali dell’allegato A.
7.2 Furto del bene
Domanda
Si chiede di sapere se si incorre nella revoca dell’agevolazione qualora il bene acquistato, per il quale si è fruito del credito d’imposta in esame, è oggetto di furto.
Risposta
Con riferimento al quesito posto, si è dell’avviso che il furto del bene agevolato non costituisca causa di rideterminazione dell’agevolazione, dovendosi dare rilevanza, a tal fine, alla volontarietà della scelta del beneficiario.
Al riguardo, si ricorda che il comma 1060 della legge di bilancio 2021 prevede la “rideterminazione” del credito d’imposta nell’ipotesi in cui «i beni agevolati sono ceduti a titolo oneroso o sono destinati a strutture produttive ubicate all’estero, anche se appartenenti allo stesso soggetto» entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di entrata in funzione ovvero a quello di avvenuta interconnessione.
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Tale disposizione antielusiva, prevista al fine di garantire – quantomeno nel medio periodo – la stabilità e la durata degli investimenti oggetto dell’agevolazione, fa riferimento a situazioni in cui il soggetto beneficiario estromette volontariamente (e anticipatamente rispetto ai tempi minimi previsti) i beni agevolati dal regime d’impresa o dall’esercizio dell’arte e professione. La norma intende, in altri termini, escludere dall’agevolazione investimenti a carattere temporaneo, realizzati al solo fine di fruire del credito d’imposta.
Pertanto, nel caso di furto del bene oggetto di investimento, comprovato dalla relativa denuncia alle autorità competenti, la fuoriuscita del bene dal regime di impresa o dall’esercizio dell’attività di arti e professioni, proprio perché indipendente dalla volontà del beneficiario, non comporta l’applicazione della disposizione citata e, quindi, la rideterminazione dell’agevolazione.
8. DOCUMENTAZIONE
8.1 Indicazione della norma agevolativa
Domanda
Il comma 1062 della legge di bilancio 2021 richiede, ai fini dei successivi controlli, che le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni eleggibili rechino l’espresso riferimento alla disposizione agevolativa.
Al riguardo, si chiede di conoscere quale sia il corretto riferimento normativo da indicare per le acquisizioni di beni eleggibili avvenute a partire dal 16 novembre 2020.
Risposta
Si ricorda, preliminarmente, che, sulla scorta delle argomentazioni esposte nella risposta al quesito n. 3.1, si è ritenuto che la decorrenza anticipata della nuova disciplina agevolativa non invalidi l’efficacia delle “prenotazioni” dei beni (i.e., ordine vincolante e versamento dell’acconto del 20 per cento) intervenute alla data
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del 15 novembre 2020, in relazione alle quali continua ad applicarsi la precedente disciplina agevolativa contenuta nella legge di bilancio 2020.
Occorre pertanto aver riguardo a tale circostanza ai fini dell’indicazione del corretto riferimento normativo nella fattura e negli altri documenti di acquisto dei beni eleggibili.
In altri termini, per gli investimenti per i quali alla data del 15 novembre 2020 si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20 per cento, le relative fatture e gli altri documenti di acquisto devono contenere il riferimento alle disposizioni della legge di bilancio 2020.
Per gli investimenti intrapresi a decorrere dal 16 novembre 2020 – per i quali, vale a dire, alla data del 15 novembre non ci sia stato l’ordinativo e/o il versamento dell’acconto del 20 per cento – le fatture e gli altri documenti di acquisto dei beni ammissibili devono riportare il riferimento alla disciplina agevolativa della legge di bilancio 2021.
A questo riguardo, nel caso di documenti già emessi, non può escludersi che non sia stato indicato il corretto riferimento normativo.
In tale evenienza, i soggetti interessati possono integrare (rectius, regolarizzare) i documenti già emessi, sprovvisti della corretta indicazione delle disposizioni agevolative di riferimento, prima che inizino le attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, secondo le modalità indicate nella risposta a istanza di interpello n. 438 del 5 ottobre 2020.
Sebbene resa in relazione all’applicazione della disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali di cui ai commi 185–197 della legge di bilancio 2020, si ritiene che dette indicazioni tornino applicabili anche alle acquisizioni di beni ammissibili intervenute dal 16 novembre 2020 (i.e., data di decorrenza della nuova disciplina agevolativa), attesa la sostanziale equivalenza degli obblighi di conservazione documentale posti a carico anche dei beneficiari del nuovo credito d’imposta.
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In particolare, nel caso di fatture ricevute in formato cartaceo, il riferimento alle disposizioni agevolative può essere riportato dal soggetto acquirente sull’originale di ogni fattura, sia di acconto che di saldo, con scrittura indelebile, anche mediante l’utilizzo di un apposito timbro.
Nel caso di fatture elettroniche ricevute dal venditore tramite Sistema di Interscambio (SdI), è possibile stampare il documento di spesa apponendo sulla copia cartacea la predetta scritta indelebile e conservarlo ai sensi dell’articolo 39 del DPR n. 633 del 1972 oppure, in alternativa, realizzare un’integrazione elettronica, da unire all’originale e conservare insieme allo stesso, e inviare tale documento sotto forma di autofattura allo SdI, secondo le modalità indicate in tema d’inversione contabile nella circolare n. 14/E del 17 giugno 2019.
***
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
Ernesto Maria Ruffini
firmato digitalmente
CIRCOLARE N. 9/E Roma, 23 luglio 2021 OGGETTO: Credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi – Articolo 1, commi da 1051 a 1063, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021) – Risposte a quesiti Direzione Centrale Coordinamento Normativo ______________________________ 2 INDICE PREMESSA ……………………………………………………………………………………………….. 3 1. SOGGETTI INTERESSATI ……………………………………………………………………. 7 2.