Di quarta rivoluzione industriale e del suo impatto, anche sul mondo del lavoro, si parla ormai da tempo, anche in virtù della presa di posizione di un eurodeputato che ha sollecitato la creazione di una tassa sui robot.
In questo scenario, mentre il Governo ha finalmente scritto una sorta di linee guida dell’Industry 4.0, arriva anche la presa di posizione di una confederazione sindacale. A parlare è il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli “La quarta rivoluzione industriale è l’ultima opportunità di sviluppo per rilanciare il Paese. Ma avrà successo solo in un territorio dove la città sia smart city e la mobilità, l’energia e anche la rappresentanza siano 4.0, ovvero intelligenti e sostenibili”
Lo stesso rappresentante sindacale non sembra volersi sbilanciare sul piano abbozzato dal Governo: “La parte sugli incentivi fiscali è certamente interessante, anche se “sarebbe necessario, per prima cosa, riorganizzare il sistema di incentivi già disponibili e molto dispersi ed effettuare una selezione per assicurarsi che quelle risorse vadano realmente ad innovare la manifattura nella direzione della fabbrica 4.0. Stesso discorso vale per il Fondo di garanzia: di quei 200 milioni in più bisogna definire la quota realmente disponibile a cambiare l’interfaccia della catena di produzione”.
Basta carrozzoni
Bentivogli esprime il proprio parere anche sul rapporto tra università e impresa, che considera centrale: “Auspico che si identifichino università che abbiano creato davvero valore, fuori dalle solite spinte lobbistiche. Anche perché la sfida dell’Industria 4.0 si vince investendo massicciamente sul capitale umano e la riqualificazione professionale. Si studi il funzionamento della punta di diamante del sistema duale tedesco: un approccio sistemico e il Fraunhofer Institute, una rete di 66 istituti e centri di ricerca, sparsi nel mondo. 24.000 collaboratori che sviluppano un volume di ricerca per più di 2 miliardi di euro. Finanziato col 30% dal pubblico e il 70% dal privato con contratti con industrie private e bandi”.
Per il resto, il leder della Fim ricorda la necessità di agire: “Non servono cabine di regia, accompagnate da carrozzoni di sigle che, in passato, si sono rivelate inefficaci quanto un confronto che interessi le imprese, i sindacati le istituzioni. Servono subito reti tra gli operosi che vogliono giocare la partita per orientare il futuro sulla persona. Solo così sarà la grande occasione, forse anche l’ultima, per rilanciare la manifattura e l’Italia.