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    Dati, questi sconosciuti

    By Redazione BitMAT20/12/2016Updated:10/02/20205 Mins Read
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    Solo il 18% delle aziende prende in considerazione dati storici, attuali e previsionali nel processo di segmentazione della supply chain

    I produttori europei non riescono a utilizzare in modo efficace dati e analisi ai fini della pianificazione e della segmentazione della supply chain, secondo quanto emerso da un nuovo rapporto di JDA Software Group, Inc. e WMG – Università di Warwick. Il rapporto “Supply Chain Segmentation: A Window of Opportunity for European Manufacturing” si basa su interviste a 100 aziende manifatturiere attive in Europa. Lo studio evidenzia che solo il 18% degli intervistati prende in considerazione dati storici, attuali e previsionali nel processo di segmentazione della supply chain, mentre solo il 39% afferma che i propri modelli di segmentazione si basano su dati. Difatti, quasi un quarto (23%) delle organizzazioni afferma di utilizzare semplicemente regole empiriche, anziché solide e comprovate metodologie analitiche.

    “La ricerca evidenzia che la maggior parte delle organizzazioni non applica modelli dinamici o basati sui dati, gestendo la propria supply chain solo guardando al passato anziché al futuro”, ha dichiarato Hans-Georg Kaltenbrunner, Vicepresidente Manufacturing Industry Strategy, EMEA di JDA. “Dall’indagine condotta emerge che molte aziende non hanno la capacità necessaria di allineare con precisione la propria supply chain alla roadmap aziendale. Inoltre, risulta essere poco diffusa la disponibilità di capacità analitiche, che abilitino un approccio coerente e completo per sfruttare al meglio tutte le informazioni disponibili ai fini della produzione. I primi ad attivarsi in questo senso otterranno rapidamente un vantaggio competitivo”.

    Allineamento strategico o disallineamento?

    Solo il 29% degli intervistati ha dichiarato di implementare processi di segmentazione della supply chain seguendo un approccio “top down”, a indicare che la natura strategica della segmentazione non viene riconociuta nella pratica. Da tempo si parla della necessità di raggruppare i processi chiave della supply chain (pianificazione, approvvigionamento, trasformazione, reso) in un unico flusso operativo, per gestire in modo integrato clienti e fornitori. Tuttavia, i risultati mostrano che domina un approccio frammentato, guidato da esigenze dipartimentali e funzionali.

    L’orientamento del business non è ben definito

    Solo l’8% delle aziende manifatturiere europee intervistate ha raggiunto il livello tre (su quattro) della segmentazione, mentre nessuna azienda dimostra capacità di livello quattro. Una strategia di segmentazione efficace dovrebbe basarsi su regole di business ricavate dall’Integrated Business Planning (IBP), tuttavia la ricerca indica che solo il 5% delle organizzazioni è al livello di maturità tre (su quattro). Non sorprende che l’orientamento dei processi aziendali faccia parte degli schemi operativi solo per il 17% del campione. Questo significa che rimane un ampio margine di miglioramento per allineare la gestione della supply chain con lo sviluppo di nuovi prodotti e la gestione delle relazioni con i clienti. In ultimo, questa mancanza di conformità ostacola nel complesso le prestazioni aziendali.

    “La segmentazione non è una nuova pratica per la gestione della supply chain, eppure il nostro studio rivela che non ha ancora una diffusione estesa. La segmentazione della supply chain mette a fuoco i segnali complessi del mercato, in modo che le organizzazioni possano configurare le risorse della supply chain, assicurando che siano coerenti con la strategia aziendale e che possano garantire redditività “, ha dichiarato la Professoressa Janet Godsell di WMG, Università di Warwick. “In teoria, la segmentazione rappresenta un processo di business e una capacità chiave per garantire che gli obiettivi aziendali siano realizzati malgrado le criticità che caratterizzano l’operatività quotidiana”.

    I criteri di segmentazione sono nella migliore delle ipotesi limitati

    Il sondaggio ha rivelato che un terzo delle organizzazioni (33%) utilizza un solo criterio per modellare la segmentazione, mentre più della metà (51%) ne impiega due. Come risultato, le aziende prendono decisioni importanti in merito alle priorità commerciali sulla base di criteri limitati. Inoltre, i criteri utilizzati spesso sono incoerenti tra le diverse funzioni, cosa che si traduce nella mancanza di una prospettiva commerciale integrata per guidare le decisioni aziendali e la supply chain.

    La segmentazione della supply chain può contribuire in modo significativo alla redditività economica e alla differenziazione di beni e servizi offerti dalla imprese manifatturiere. Tuttavia, l’indagine mette in evidenza che per le voci “prodotto” e “cliente”, solo in rari casi il margine è un obiettivo, e anche quando lo è, esso viene classificato al quarto posto o inferiore. In generale, dominano indicatori come volume e area geografica, a conferma del basso livello di sofisticazione della segmentazione della supply chain.

    Stefano Scandelli, Group Vice President Sales, South Europe and South Africa di JDA, ha aggiunto: “Le aziende manifatturiere si trovano ad affrontare sfide sempre più complesse per soddisfare la propria clientela. Per i produttori dei beni di consumo queste possono anche includere lo sviluppo di un processo fulfillment omnicanale proficuo, per supportare modelli di vendita diretta. Ciò richiede una maggiore attenzione alla centralità del cliente, che implica un livello senza precedenti di interelazione dei vari processi di supply chain. La segmentazione ha sempre avuto il potenziale per fare la differenza in termini di redditività e agilità di un’organizzazione, le tecnologie oggi disponibili per gestione della supply chain digitale amplificano tale potenziale e ne accrescono il valore strategico”.

    analisi Big Data data Jda Supply Chain
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