Più volte, nel corso delle consulenze per la stesura di Perizie relative al Piano Industria 4.0, mi è capitato di trovare macchine palesemente non conformi. Al punto che, già nel maggio nel 2018 pubblicammo un articolo dal titolo “Non comprate macchine ‘certificate’ Industria 4.0”, lanciando un allarme sul rischio di cadere vittime di errori grossolani, con conseguente sanzioni. I 5+2 requisiti previsti dal Piano Industria 4.0, infatti, possono essere verificati solo quando una macchina è installata e funzionante, non quando viene venduta.
Al contrario, il Piano Industria 4.0 è stato presentato come un’agevolazione facilmente fruibile, cavalcato da venditori decisamente scaltri, ma anche da consulenti decisamente… impreparati. La normativa, infatti, richiede solo l’iscrizione all’albo dei periti e degli ingegneri, ma non una competenza specifica.
In particolare il superammortamento (concesso per i software dell’allegato B) poteva essere sfruttato solo da quanti avessero ottenuto anche l’agevolazione dell’iperammortamento per i componenti hardware. Un’accortezza che, stando a quanto anticipato da Italia Oggi, non è stata rispettata da migliaia di aziende italiane. Secondo il giornale, che cita fonti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2017 sono stati 8.300 i soggetti che hanno fruito dell’incentivo sull’hardware e ben 18.700 quelli che hanno utilizzato il codice relativo all’incentivo per il software. Sarebbero quindi almeno 10.400 le aziende che hanno fruito del superammortamento senza averne titolo e che, quindi, rischiano ora di incorrere in sanzioni.
Anche il Ministero dello Sviluppo Economico, stando alla fonte giornalistica, avrebbe anticipato i dati delle proprie analisi: “Complessivamente – si legge nell’articolo – le aziende fruitrici degli incentivi 4.0 (iperammortamento + incentivo sul software) sono 56.302 così composte: 13.843 soggetti hanno fruito solo dell’iperammortamento sull’hardware, 1.448 imprese hanno invece fruito (legittimamente) sia dell’incentivo sui beni materiali sia di quello sui beni immateriali, 41.011 aziende infine solo dell’incentivo al 140% sul software”.
I dati sono corretti?
Come sia possibile che, a fronte di un’analisi svolta sulle dichiarazioni dei redditi, i due Ministeri di riferimento abbiano numeri tanto diversi è obiettivamente difficile da comprendere. In realtà, al momento, sui siti dei Ministeri stessi non si trovano indicazioni ufficiali in merito. Quindi rimane qualche dubbio sulla correttezza di queste indiscrezioni, anche se questa notizia può essere utile per far riflettere su come è stato affrontato il Piano Industria 4.0.
Nel frattempo, in attesa di una comunicazione formale, le aziende che hanno commesso un simile errore potrebbero comunque iniziare a ragionare sull’opportunità di intraprendere il percorso di un ravvedimento operoso.
Di contro, chi ha effettuato l’investimento nel 2019 e non ha ancora presentato la dichiarazione dei redditi, ha ancora tempo per rivolgersi a un professionista realmente competente per un’analisi della propria situazione e per individuare possibili correttivi.
Allo stesso modo, avendolo constatato in più aziende, ricordiamo che l’autocertificazione dei requisiti doveva essere redatta con data certa. Anche di questo argomento parleremo il prossimo 10 marzo nel corso del webinar gratuito Transizione 4.0 e Credito d’Imposta: le agevolazioni 2020 per innovare i processi.