Prima, seconda, terza, quarta e, a breve, … quinta rivoluzione industriale. Se le prime tre rivoluzioni hanno richiesto decenni per modificare l’organizzazione delle aziende, le ultime due rivoluzioni appaiono davvero sconvolgenti. In pochi anni le aziende incapaci di recepire la trasformazione digitale sono state estromesse da mercato. Un fatto causato dall’inefficienza di processi produttivi incapaci di dialogare con i sistemi informativi, ma anche dalla necessità di ricevere e d inviare dati agli altri attori di una catena produttiva sempre più interdipendente e dove la produzione su commessa (o customizzazione di massa) è ormai un imperativo. Senza dimenticare che il Piano Nazionale Industria 4.0 / Transizione 4.0 ha incentivato solo le aziende capaci di investire su progetti di digitalizzazione.
A fronte di mercati sempre più volubili, per essere competitivi è richiesto di ridurre i costi, ma anche di essere rapidi nell’intercettare ed interpretare ogni segnale proveniente dai clienti, per agire sui propri prodotti. Un’attività che, in realtà, le aziende virtuose hanno sempre fatto, ma che oggi occorre realizzare in tempi molto più rapidi grazie alla trasformazione digitale.
Vince la trasformazione digitale
Le indagini di mercato confermano proprio questi aspetti, anche in virtù del fatto che la trasformazione digitale e la transizione energetica stanno guidando la politica industriale italiana. Le prime azioni per favorire l’indirizzamento del sistema produttivo verso investimenti digitali hanno preso forma (nel 2017) con l’iper-ammortamento dell’allora Piano Calenda che, con la Legge di Bilancio 2020, è divenuto un Credito d’Imposta capace di agevolare sino al 50% l’investimento in innovazione
La crescita sostenibile sembra, quindi, la parola chiave per tutte le nuove scelte di politica industriale basate sulla trasformazione digitale. Del resto Industria 4.0 ed efficienza energetica sono un binomio virtuoso verso la competitività, perseguendo obiettivi comuni come l’innovazione e la trasformazione tecnologica delle aziende stesse. Non per nulla, in ministro Urso ha ufficializzato che, a breve, verrà presentato il nuovo Piano Transizione 5.0, che premierà proprio le aziende capaci di coniugare trasformazione digitale e attenzione all’ambiente.
Un ambito nel quale GP Progetti opera da oltre 30 anni, in qualità di partner strategico delle imprese alle quali offre soluzioni software evolute capaci di portarti un reale vantaggio competitivo, a partire dai dati. Proprio grazie a software avanzati come Integro, un MES intelligente, e Prevedo, lo schedulatore a capacità finita, i responsabili aziendali possono trarre il massimo delle informazioni dai dati aziendali, creando un’autentica smart factory predittiva.
Le tecnologie digitali generano infatti risparmi energetici impliciti, in tutte le fasi della catena del valore. Una fabbrica sempre più connessa e automatizzata ha bisogno di essere alimentata da sistemi energetici che siano altrettanto all’avanguardia. Per questo, la trasformazione digitale può fare da traino anche all’evoluzione energetica, innescando meccanismi virtuosi. L’applicazione combinata delle tecnologie 4.0 ai processi produttivi consente di raggiungere benefici rilevanti in termini di flessibilità della produzione, di velocità nel passaggio dalla fase di prototipazione alla produzione, di integrazione delle filiere e delle catene del valore attraverso miglioramenti nei sistemi di approvvigionamento e nella logistica. A questi benefici si aggiunge la possibilità di elevare i livelli di efficienza e sostenibilità delle imprese.
Del resto, le nuove tecnologie e l’innovazione nascono e si sviluppano per dare risposte alle nuove sfide e ai bisogni emergenti della società. In questa fase, l’adattamento ad eventi imprevisti, i cambiamenti demografici, il clima, le risorse produttive sono tra le priorità da affrontare e le tecnologie 4.0 possono contribuire in modo significativo alla soluzione dei problemi connessi. Si tratta di un approccio del tutto innovativo, fondato sulla conoscenza e sulla disponibilità di informazioni che diventano a tutti gli effetti un bene strumentale per poter produrre in modo efficiente e per poter rispondere più efficacemente alla domanda del mercato.
Cosa manca alla trasformazione digitale italiana?
Eppure questi vantaggi non sono ancora stati colti completamente da alcune aziende italiane, come dimostra un recente studio firmato da Violetta Giada Cannas, ricercatrice della LIUC Business School, che si è concentrata sull’analisi degli investimenti 4.0 già realizzati. Lo studio ha analizzato come le imprese italiane abbiano affrontato, negli anni successivi all’investimento, l’implementazione delle tecnologie 4.0 acquisite, investigando, in particolare, quali siano le principali tendenze e le barriere evolutive.
La ricerca, per quanto non esaustiva dell’intero mercato, ha coinvolto 123 imprese. Ne è emersa una soddisfazione pressoché unanime, da cui si evidenziano:
- maggior produttività,
- monitoraggio e controllo continuo dell’impianto produttivo grazie all’utilizzo di dati oggettivi raccolti in tempo reale, a vantaggio del processo decisionale;
- miglioramento delle condizioni di lavoro del personale nei vari reparti;
- riduzione delle attività alienanti e dei delivery lead time;
- miglioramento del livello di integrazione con i fornitori e, più in generale, con tutti gli attori della supply chain.
- I beni materiali acquisiti sono per il 90% beni strumentali gestiti da sistemi computerizzati e per il 10% sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità.
Perché investire in Industria 4.0
Rammarica, di contro, constatare come ben il 75% degli intervistati abbia ammesso (in un questionario a risposte multiple) di aver investito in Industria 4.0 per i vantaggi economici e finanziari offerti dal Piano Nazionale Industria 4.0 / Transizione 4.0. Solo un quarto degli intervistati, invece, ha confermato una scelta frutto della spiccata cultura digitale dell’impresa e dell’ambizione di portare la propria impresa verso la quarta rivoluzione industriale, mantenendo una buona posizione competitiva in un mercato dinamico e in continua evoluzione dal punto di vista tecnologico.
Si tratta, però, di dati che guardano a quanto accaduto in passato, mentre lo sguardo degli imprenditori deve essere necessariamente indirizzato al futuro, con la consapevolezza del fatto che i vantaggi sono reali e tangibili, come hanno confermato le aziende che hanno affrontato seriamente la trasformazione digitale.
Ma quali ostacoli sono ancora presenti?
Il tessuto imprenditoriale italiano, composto soprattutto da piccole e medie imprese, ha necessariamente sofferto la scarsa disponibilità di competenze interne. Come conferma lo studio della LIUC Business School, dal quale emerge che la non adeguata comprensione del concetto di Industria 4.0 sia dovuta, nel 67% dei casi, alle scarse competenze all’interno delle organizzazioni, oltre che alla resistenza al cambiamento, alla complessità di inserire i nuovi sistemi all’interno di cicli produttivi preesistenti e alla difficoltà a trovare partner validi per lo sviluppo della progettualità.
Cannas evidenzia anche lo scarso utilizzo dei dati generati dai sensori intelligenti contenuti nei nuovi impianti produttivi. “Tali dati sono oggi da considerarsi un vero e proprio asset strategico. Tuttavia, la scarsa conoscenza dei pilastri tecnologici 4.0 e dei processi basati sui dati porta le imprese a non utilizzare tali informazioni o ad utilizzarne solo una parte per analisi di tipo descrittivo, non applicando analitiche prescrittive o predittive che ne potenzino il valore e guidino meglio le decisioni, proteggendo poco l’aspetto di privacy e tutela del dato stesso, con bassi investimenti in cybersecurity”.
In questo scenario, anche alla luce delle imminenti agevolazioni che saranno proposte dal Piano Transizione 5.0, sono vincenti partner come GP Progetti. Una realtà che, forte di una competenza specifica di oltre 30 anni, permette di innovare mantenendo la business continuity e coinvolgendo nel progetto tutte le figure aziendali coinvolte. Ogni soggetto dell’azienda, infatti, viene chiamato ad essere parte attiva della trasformazione e della personalizzazione di una piattaforma MES studiata per le singole esigenze produttive. Un MES in cui, malgrado innovazione e digitalizzazione, le persone sono chiamate a rimanere al centro del processo produttivo.