La scorsa settimana, il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato lo studio “La diffusione delle imprese 4.0 e le politiche: evidenze 2017”. Un documento da cui emergono indicazioni poco positive sulla digitalizzazione delle imprese italiane.
Infatti sul totale della popolazione dell’Industria in senso stretto, solo l’8,4% delle imprese utilizza almeno una delle tecnologie considerate. A questa quota si aggiunge un ulteriore 4,7% di imprese che, anche se non coinvolte attualmente, hanno in programma investimenti specifici nel prossimo triennio.
Un limite confermato anche dall’Osservatorio ExpoTraining, da cui emerge che il 56% delle micro e piccole imprese italiane non conosce o non crede nel Piano Industria 4.0 e il 15%, pur conoscendo le opportunità che mette a disposizione, non intende partecipare per impossibilità organizzative e tecniche.
Una situazione che secondo Carlo Barberis, presidente di ExpoTraining, impone una revisione del Piano Industria 4.0: “Il Piano Industria 4.0 è ovviamente cosa ottima, che può permettere alle imprese italiane di rendersi più competitive puntando sull’innovazione e la formazione. Purtroppo però tra le microimprese italiane, che raramente superano i 10 dipendenti, il Piano è sostanzialmente sconosciuto o comunque troppo complesso. É un gap che purtroppo riscontriamo spesso nelle nostre rilevazioni: il tessuto imprenditoriale italiano è come è noto composto dal oltre il 90% da micro imprese che non riescono ad accedere a finanziamenti ed agevolazioni, che rischiano di rimenare irrimediabilmente indietro nel necessario percorso di innovazione. Eppure sono proprio loro, che come le radici di una foresta, danno vero corpo all’economia italiana, che tengono il terreno, che hanno resistito incredibilmente allo smottamento degli anni peggiori della crisi, anche per l’occupazione. E’ quindi urgente una versione “junior” del Piano Impresa 4.0, che semplifichi ed informi, che faccia penetrare innovazione e formazione tra le microimprese italiane, in particolare quelle del centrosud, che non sono affatto, come qualcuno pure crede, un fattore di criticità, ma una grande risorsa del modello italiano di sviluppo.”