Il Piano nazionale Transizione 5.0 conferma la propria complessità e, dopo il duro intervento pubblico di Emanuele Orsini, il presidente di Confindustria è stato ricevuto al Mimit per un confronto sulle regole di un incentivo ostacolo da decine di incongruenze.
In un comunicato, firmato dallo stesso Ministero, viene confermato che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha incontrato una delegazione di Confindustria (guidata dal presidente Emanuele Orsini, insieme al vice presidente per la politica industriale e il Made in Italy, Marco Nocivelli, e al Direttore Generale, Maurizio Tarquini). Oggetto dell’incontro: un confronto sul Piano Transizione 5.0 a poco più di un mese dall’apertura della piattaforma avvenuta lo scorso 11 settembre. La cui applicabilità è spesso subordinata ad una serie di regole di difficile applicazione.
Durante l’incontro Urso e Orsini hanno sottolineato come il Mimit e Confindustria stiano lavorando in sintonia per fornire chiarimenti alle imprese e facilitare l’accesso al nuovo pacchetto di incentivi dedicato agli investimenti in digitalizzazione, transizione green e formazione del personale.
Al termine della riunione il ministro ha annunciato che, in accordo con Confindustria, nei prossimi giorni verranno presentate alcune modifiche richieste dal tessuto produttivo per aumentarne l’accessibilità, tra cui l’innalzamento delle aliquote, chiarimenti e ulteriori semplificazioni delle procedure.
Servono regole chiare e applicabili
Del resto le centinaia di pagine, spesso in contraddizione tra di loro, che devono essere studiate e applicate dai tecnici impegnati nelle certificazioni, non aiutano l’applicazione di un incentivo reso ancor più complesso dal fatto che le tecnologie più efficienti ed innovative sono spesso in una fase di pre-industrializzazione. Il che implica tempi molto lunghi e, soprattutto, incerti per poter entrate effettivamente in produzione, con il rischio di non essere completati entro la tassativa scadenza del 31 dicembre 2025.
Così, mentre Confindustria chiede quantomeno una semplificazione degli aspetti burocratici, gli imprenditori devono decidere su quale “progetto di innovazione” scommettere. Una condizione che induce, spesso, a investire più sulla certezza del risparmio energetico che non sull’effettiva sostenibilità ambientale dell’investimento stesso. Se a questo aggiungiamo il divieto di cumulare l’agevolazione Transizione 5.0 con altri incentivi europei, ben si comprende come la maggior parte degli investimenti si indirizzerà più sulla sostituzione di alcune macchine, tipicamente le più vecchie e che sarebbero state comunque dismesse, piuttosto che sulla sperimentazione di nuove tecnologie capaci di essere realmente green.