Continua l’attesa per la pubblicazione ufficiale del decreto attuativo e delle regole operative per consentire alle aziende di accedere ai benefici previsti dal Piano Nazionale Transizione 5.0. Un’attesa che, oltre a ritardare gli investimenti, induce un’enorme confusione sul mercato, con fornitori e clienti incerti sulle corrette procedure da attuare. Questo anche perché il decreto attuativo, dopo essere stato validato da ben tre ministeri, sta subendo modifiche (non solo economiche) mentre si trova presso la Corte dei Conti. Qualche chiarimento ufficiale è arrivato, nella mattinata del 25 luglio, dal webinar “Transizione 5.0: istruzioni per l’uso”, promosso da Unioncamere e dal Sole24Ore, con la presenza del ministro Alfonso Urso e di Marco Calabrò, Capo della Segreteria tecnica del Mimit. Un intervento che ha deluso sul piano delle certezze della date di entrata in vigore della normativa, ma che ha permesso a Urso e Calabrò di affermare che la piattaforma GSE necessaria per le comunicazioni e l’invio della documentazione è pronta e verrà attivata non appena entrerà in vigore il decreto attuativo. Fatto che, stanti le promesse ribadire nel corso del webinar, dovrebbe avvenire “auspichiamo tra pochi giorni” e comunque “prima della pausa estiva”.
La piattaforma GSE è pronta
Al di là dell’excursus politico e delle dichiarazioni del ministro, Marco Calabrò ha fornito una serie di chiarimenti e di indicazioni, anche a completamento di quanto sinora noto attraverso la bozza del Decreto Attuativo in discussione. Lo stesso Calabrò, inoltre, ha rassicurato sul completamento del piattaforma GSE, uno strumento che suscita non poche apprensioni, anche alla luce delle problematiche evidenziate con le comunicazioni preventive e consuntive del Credito 4.0.
Stante che la piattaforma GSE sia pronta (e auspichiamo funzionante), Calabrò ha ricordato come il Piano Transizione 5.0 non preveda distinzioni in termini di settori, area geografica o dimensione aziendale. Caratteristiche che rendono Transizione 5.0 cumulabile con altre agevolazioni (escluse Industria 4.0, ZES e ZLS) in quanto non costituisce un aiuto di stato .
Rimangono invece i vincoli dettati dall’esigenza di non arrecare un danno significativo all’ambiente. Un aspetto sul quale, però, lo stesso Calabrò è apparso vago. Poiché, come ha spiegato, sono ancora in corso una serie di trattative a livello comunitario e l’Italia auspica di ottenere ulteriori deroghe. In particolare, complice l’attività di mediazione, è stato possibile ammettere i settori che utilizzano combustibili fossili, anche se per un uso temporaneo e inevitabile, in attesa della successiva decarbonizzazione. Una deroga necessaria per non escludere la quasi totalità della macchine agricole.
Inoltre saranno agevolabili anche imprese le energivore che, in caso di impatto diretto sulle emissioni di Co2, dovranno comunque rispettare nei parametri di riferimento dei singoli settori.
Attenzione, infine, alla clausole di esclusione di tipo amministrativo. Come per Industria 4.0, saranno escluse le aziende in stato di crisi o soggette a restrizioni normative. E’ invece importante sottolineare come il rispetto delle direttive sulla sicurezza del lavoro ed il pagamento dei contributi dovranno essere confermati per cinque anni, pena la revoca del beneficio.
Attenzione alla scadenze
Riuscire a rispettare le scadenze, invece, non sarà semplice. Poiché la data del 31 dicembre 2025 rappresenta un termine ultimo e, presumibilmente, senza possibilità di proroghe. L’Italia deve infatti rendicontare i costi entro il giugno 2026 e sei mesi sono necessari al Ministero per questa analisi.
In un smile scenario occorre comprende ogni singolo termine ed ogni singola scadenza, anche in virtù di scadenze particolarmente stringenti nell’ambito di un processo produttivo. Il 31 dicembre, ha spiegato Calabrò, è il termine dell’investimento, al netto degli oneri documentali, che potranno essere completati e trasmessi sulla piattaforma GSE entro il 28 febbraio 2026. Un’ulteriore deroga è prevista per gli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile. In questo caso, infatti, il termine dell’investimento è dato dal termine dei lavori e non dall’allacciamento alla rete, che dovrà comunque avvenire entro 12 mesi.
Un’ulteriore precisazione riguarda la successione dei progetti di innovazione da proporre sulla piattaforma GSE: sembra infatti che un’impresa potrà presentare un nuovo progetto di innovazione solo al completamento del precedente. Una scelta tecnica opportuna, in considerazione della necessità di valutare correttamente i consumi energetici, anche se Calabrò non ha chiarito come verrà gestito il caso in cui una stessa impresa voglia presentare i singoli progetti su differenti insediamenti produttivi.
Definito, inoltre, il tetto massimo dei 50 milioni all’anno per singola azienda. Questo significa che, anche a fronte di un progetto iniziato nel 2024, ma concluso nel 2025, la spesa andrà a limitare il plafond 2025 e non quello 2024.
Resta valido, invece, l’effetto retroattivo, con la possibilità di agevolare con Transizione 5.0 gli investimenti successivi al 1° gennaio 2024, dove la data si inizio investimento è quella di sottoscrizione dell’impegno giuridicamente vincolante (ossia, tipicamente, la sottoscrizione del contratto con il fornitore). In ogni caso, ha ribadito Calabrò, la piattaforma GSE sarà operativa contestualmente alla pubblicazione del Decreto attuativo.
Investimenti trainanti e trainati
I termini trainanti e trainati sono ormai entrati nel gergo comune e valgono anche per Transizione 5.0, dove sono trainanti gli investimenti in beni (in grado di ridurre i consumi energetici) riconducibili agli allegati A e B del Piano Industria 4.0, con tutti gli oneri ormai ben noti. Il ministero sta comunque elaborando una circolare, con una serie di esempi, che dovrebbe essere diffusa nelle prossime settimane. A questi beni trainanti si aggiungono i software gestionali, compresa la parte amministrativa, purché acquistati all’interno di un progetto di innovazione che preveda anche software in grado, quantomeno, di monitorare i consumi energetici.
Tra gli investimenti trainati, ovvero che potranno essere agevolati a fronte del soddisfacimento dei requisiti con un investimento Transizione 5.0, ci sono ovviamente gli impianti per l’autoproduzione e l’autoconsumo energetico, basati su qualunque forma di energia rinnovabile (escluse le biomasse).
In questo ambito è importante sottolineare che non sono fissati limiti di costo in relazione al valore dell’investimento nei beni strumentali Transizione 5.0, ma che il Ministero ha definito il costo massimo agevolabile dei singoli elementi utilizzati nella realizzazione dell’impianto di produzione energetica.
Attenzione, però, al corretto dimensionamento, in quanto l’impianto (essendo destinato all’autoconsumo) non potrà produrre più del 105% dell’energia consumata nell’anno precedente.
Un’ultima novità riguarda la possibilità di agevolare anche le pompe di calore, purché alimentate da energia primaria rinnovabile.
Chi può certificare il risparmio energetico
Nella prima versione della Decreto Legge che ha sancito la nascita ufficiale di Transizione 5.0, tra i soggetti abilitati erano stati inseriti anche Esco ed Ege, un elenco al quale si sono poi aggiunti la maggior parte degli ingegneri iscritti all’Ordine. Nella nuova versione, secondo Calabrò, saranno però aggiunti anche gli ingegneri iscritti alla sezione B e ed i periti con competenza specifica su processi industriali. Ingegneri e periti dovranno però avere una comprovata esperienza specifica nell’efficientamento industriale e non solo in quello degli edifici.
Al di là dei soggetti qualificati, l’aspetto complementare delle perizie tecniche (oltre al soddisfacimento dei requisiti di Industria 4.0) sarà l’analisi del risparmio energetico. In questo ambito, ha ricordato Calabrò, il confronto con i consumi dell’anno precedente deve tener conto anche della cause esterne e, quindi, si dovranno normalizzare le valutazioni, oppure riproporzionale i conteggi per la aziende operative da meno di un anno o confrontarsi con altri tre beni presenti sul mercato in caso di nuovi investimenti.
Uno scenario di non semplice interpretazione e, anche per questa ragione, il Ministero emanerà una guida corredata da una serie di casistiche concrete, per capire come calcolare i consumi energetici ed effettuare i confronti anche in assenza di misurazioni puntuali.
Calabrò ha comunque anticipato che, in ogni caso, la valutazione del risparmio andrà fatta considerando l’intero processo e non i singoli componenti.
E se non raggiungo il risparmio?
Un ultimo dubbio chiarito da Calabrò riguarda il mancato raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico previsti dall’analisi ex-ante, che ovviamente potrà sfruttare solo i valori di targa. In caso di un’errata valutazione, farà ovviamente fede l’analisi finale,
Questo significa che se il risparmio energetico effettivo sarà minore del previsto, il credito d’imposta sarà ridotto proporzionalmente. Al contrario, se il risparmio sarà maggiore, non sarà possibile accedere allo scaglione agevolativo superiore.
In assenza di un risparmio almeno del 3% (che sale al 5% per il processi produttivi), l’azienda potrà comunque sfruttare le sole agevolazioni previste da Industria 4.0, ovvero un credito d’imposta del 20%.
La piattaforma GSE fa paura
Inutile nascondere che il funzionamento della piattaforma GSE e l’onere documentale sta spaventando alcuni imprenditori. Ma Calabrò assicura che, malgrado la procedura documentale sia significativa, la misura è automatica e gli oneri burocratici saranno facilmente affrontabili:
Le comunicazioni ex ante ed ex post devono essere inviate alla piattaforma GSE dal legale rappresentante, ma la piattaforma stessa guiderà i singoli passaggi.
Da ricordare, infine, che i controlli potranno avvenire sino a cinque anni dal termine dell’investimento.
Scarica la bozza del Decreto Attuativo di Transizione 5.0