Un importante pronunciamento quello della III sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato che – con la sentenza n. 2792 del 2021 – ha reso una importante decisione sul tema degli “aiuti de minimis” concessi alle imprese.
Appare opportuno ricordare come secondo l’art. 3, paragrafo 2, del Regolamento UE 1047/2013, l’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un’impresa unica non può superare, attualmente, l’importo di 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari (eccetto alcuni specifici settori per i quali tale importo è ridotto a 100.000 euro).
Ebbene nella detta sentenza risulta, chiarito come, qualora un’impresa faccia legittimamente domanda di aiuto «de minimis» che porti al superamento dal massimale previsto dai sopra menzionato regolamento UE, l’amministrazione concedente sia tenuta a consentirle di optare, fino alla definitiva concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia a precedenti aiuti già utilizzati, al fine di non superare tale massimale.
La pronuncia trae origine da un appello, interposto dall’INAIL, contro la sentenza del TAR Veneto che aveva accolto il ricorso presentato da una snc avverso il provvedimento di annullamento della concessione di un contributo da 200.000 euro, assentito ed erogato ai sensi dell’art. 3, par. 1 regolamento UE 1407/2013.
La III Sezione del Consiglio di Stato ha, in un primo momento, sospeso il giudizio e ritenuto necessario proporre questione pregiudiziale interpretativa dell’art. 3, par. 4 e 7, e dell’art. 6, par. 4 e 5, del Regolamento UE 1047/2013, proponendo alla Corte di Giustizia il quesito: “se le regole in materia di concessione degli aiuti fissate dagli artt. 3 e 6 del Regolamento n. 1407/2013 debbano essere interpretate nel senso che per l’impresa richiedente, che incorra nel superamento del tetto massimo concedibile in virtù del cumulo con pregressi contributi, sia possibile – sino alla effettiva erogazione del contributo richiesto – optare per la riduzione del finanziamento (mediante modifica o variante al progetto) o per la rinuncia (totale o parziale) a pregressi contributi, eventualmente già percepiti, al fine di rientrare nel limite massimo erogabile; e se le stesse disposizioni debbano essere interpretate nel senso che le diverse prospettate opzioni (variante o rinuncia) valgono anche se non previste espressamente dalla normativa nazionale e/o dall’avviso pubblico relativo alla concessione dell’aiuto”.
Con sentenza pubblicata il 28 ottobre 2020, la Corte di Giustizia, con riferimento al primo quesito, ha fornito la seguente risposta: “gli articoli 3 e 6 del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» devono essere interpretati nel senso che un’impresa, alla quale lo Stato membro di stabilimento intenda concedere un aiuto «de minimis» che, a causa dell’esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l’importo complessivo degli aiuti che le sono stati concessi a superare il massimale di 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari, previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 1407/2013, può optare, fino alla concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, alfine di non superare tale massimale”.
La Corte di Giustizia ha anche chiarito un altro aspetto importante ovvero come prima di concedere l’aiuto lo Stato, secondo il testo italiano del Regolamento “richiede una dichiarazione all’impresa interessata (…) relativa a qualsiasi altro aiuto «de minimis» ricevuto (…) durante i due esercizi finanziari precedenti e l’esercizio finanziario in corso”, ma, secondo tutte le versioni linguistiche diverse dalla versione italiana lo Stato “concede nuovi aiuti «de minimis» (…) soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l’importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi all’impresa interessata a un livello superiore al massimale».
Secondo l’espressa pronuncia della Corte di Giustizia, “risulta quindi chiaramente da tali disposizioni che il controllo esercitato dagli Stati membri affinché siano rispettate le norme in materia di cumulo debba avvenire prima di concedere l’aiuto”.
Si può optare per la riduzione
La III Sezione del Consiglio di Stato, pertanto, così come statuito dal TAR, secondo il vigente diritto euro-unitario e nazionale ha sancito che quando un’impresa faccia legittimamente domanda di un aiuto «de minimis» che, a causa dell’esistenza di aiuti precedenti, porterebbe l’importo complessivo degli aiuti concessi a superare il massimale previsto, l’amministrazione concedente deve consentirle di optare, fino alla definitiva concessione di tale aiuto, per la riduzione del finanziamento richiesto o per la rinuncia, totale o parziale, a precedenti aiuti già percepiti, al fine di non superare tale massimale.
Tale sentenza assume quindi un significato molto importante perché potrà permettere a molte imprese (o gruppi di imprese che si qualifichino come “impresa unica”) ad accedere a contributi in regime «de minimis» che finora si riteneva non potessero essere concessi (per il superamento anche di pochi euro del massimale previsto dalla normativa).
Articolo realizzato con il contributo del dott. Luigi Lavecchia, esperto in Finanza Agevolata e Bonus Sud. Il dott. Lavecchia può essere contattato via mail.
Maria Chiara Di Carlo